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Fratelli e sorelle

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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La recensione su Fratelli e sorelle

di LorCio
6 stelle

All’interno del trittico dei suoi film americani, Fratelli e sorelle è quello in cui Pupi Avati affronta di più uno dei temi d’elezione del suo cinema: la famiglia e le sue problematiche. È anche quello in cui il suo tocco è meno riconoscibile, perché calato in una contemporaneità aliena (in cui non è molto a suo ago, a dire il vero) e solo vagamente contraddistinto da una sua utilità di fondo. Più che irrisolto, è un film rischioso e per certi versi anche senza speranza: ci sono una famiglia fallita (quella di Gloria, lasciata dal marito con due figli ventenni), una famiglia di salvataggio (quella della sorella Lea, che dopo averla data a tutta l’America – come dice sprezzante Gloria – ha trovato una specie di equilibrio con il benestante Franco) e molte famiglie che vivono onestamente di lavoro con qualche sacrificio (anche umano).

 

C’è quindi una istanza di normalità che mette in scena una narrazione delle piccole cose (amorazzi adolescenziali, nuove esistenze, gelosie varie) stavolta contaminata però da un velo di irrequietudine e di inquietudine abbastanza tesi e rivolti ad un racconto più cupo. Non sempre Avati annusa bene l’aria, sembra quasi disinteressato alle sorti di questi personaggi infelici e in crisi interiore, lavora di rassicurante mestiere e non osa quando dovrebbe, fermandosi un momento prima di spiccare il volo. La cosa migliore, come spesso accade in Avati, sta nel disegno dei personaggi stessi: l’attenzione è per i fratelli e le sorelle in questione, cioè l’acerbo Stefano Accorsi e lo svagato Luciano Federico da una parte e la bella Kelly Evinston e la bruttina Barbara Wilder dall’altra, ma il vero interesse risiede negli adulti. Vincono le donne contro gli uomini (spenti sia Franco Nero che Lino Capolicchio): Anna Bonaiuto ha la parte più positiva, Paola Quattrini quella più approfondita (Nastro d’Argento come miglior non protagonista).

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