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Miracolo a Milano

Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Miracolo a Milano

di hallorann
10 stelle

Nel 1950 Cesare Zavattini insieme al migliore esecutore della sua poetica Vittorio de Sica, dopo il neorealismo di SCIUSCIA’ e di LADRI DI BICICLETTE, realizzarono MIRACOLO A MILANO, un’opera di genere fantastico ispirata ad alcuni romanzi e alla filosofia del famoso soggettista.

 

Zavattini divideva l’umanità in ricchi e poveri e da qui nacque l’idea di raccontare la surreale storia di Totò che nasce sotto un cavolo e viene cresciuto con bontà e amore dalla vecchina Lolotta. Morta la donna, Totò viene chiuso in un orfanotrofio, divenuto adulto vaga per una Milano fredda e innevata, un barbone gli ruba la borsa che porta con sé, una volta recuperata gliela regala, in cambio il barbone gli offre un “alloggio”. Al mattino, Totò si risveglia in una baraccopoli della periferia milanese dal cielo grigio e nebbioso, spezzato ogni tanto da un raggio di sole. Totò con i suoi modi educati e cordiali diventa il capo della nutrita comunità di poveri, organizza il villaggio di baracche con strade e vie, lotterie e semplici spettacoli d’intrattenimento: un falso indovino, posti a pagamento per vedere il tramonto etc. Il ricco Mobbi che arriva con fuoriserie, bombetta e pelliccia, vorrebbe espropriare il terreno per costruirci sopra ma in un primo momento rinuncia all’acquisto, in seguito torna alla carica perché nel luogo si è verificata una ghiotta scoperta. Infatti, del tutto casualmente, dal terreno fuoriescono zampilli di acqua e soprattutto di petrolio, l’isolato e antipatico Rappi (che aspira a diventare borghese) spiffera la cosa a Mobbi, il quale torna alla carica in tutti i sensi. Presosi gioco dei poveri, si reca sul posto con squadre di poliziotti in assetto di guerra attaccandoli con idranti e pallottole. Ma la madre di Totò riappare nelle vesti di fantasma, gli regala una colomba con la quale potrà esaudire ogni desiderio. Respinto l’arrogante attacco, i barboni sommergono Totò di richieste, il quale viene scambiato per un santo, ma quando la colomba viene ripresa da due angeli scesi dal cielo i poveri ricadono nell’incertezza e nelle grinfie di Mobbi. Costretti a sgomberare e rinchiusi nei cellulari sembrano destinati a finire nelle carceri “mobbiane”, ma la fidanzatina di Totò recupera la colomba (con l’ausilio di Lolotta) e in piazza Duomo vengono liberati. A cavallo di scope prendono il volo verso una meta ignota.

 

Francesco Golisano, Brunella Bovo

Miracolo a Milano (1951): Francesco Golisano, Brunella Bovo

MIRACOLO A MILANO, titolo originario I POVERI DISTURBANO, è una favola utopistica, come disse De Sica stesso “un messaggio di bontà e di affetto, in un mondo che, purtroppo, di bontà e affetto vuol fare a ogni costo a meno”. La dicotomia tra bene e male è netta e decisa, anche se entrambe sono visualizzate e rappresentate in chiave surreale e allegorica. Le tematiche del neorealismo ci sono ancora, magari sullo sfondo e meno pregnanti che nelle altre celeberrime pellicole ma ugualmente rilevanti. Sono presenti alcune analogie con i precedenti SCIUSCIA’ e LADRI DI BICICLETTE: per esempio il piccolo Totò che segue il carro funebre da solo e sempre da solo deve rimboccarsi le maniche per ricominciare daccapo ricordano il vagare solitario dei due sciuscià e la maggiore maturità del piccolo Bruno rispetto al padre disperato in numerosi momenti del film. De Sica e Zavattini, soli contro tutti, sbandierarono la loro poetica e la loro libertà espressiva vincendo più riconoscimenti all’estero che in Italia, spesso “nemo propheta in patria” si ripete ancora oggi.

 

Francesco Golisano

Miracolo a Milano (1951): Francesco Golisano

 

Ciò che rende ancora forte e intramontabile il messaggio di “Miracolo a Milano” è la sua assenza di ideologia, nonostante in sceneggiatura si ipotizzò che i poveri una volta in cielo vagavano per il mondo e non riuscissero ad atterrare da nessuna parte perché pieno zeppo di cartelli con su scritto “Proprietà Privata”. Il duo di autori satireggia anche sui poveri: essi tempestano di richieste superflue Totò. Nessuno chiede una casa, la felicità o l’amore che di lì a poco farà capolino (al di là della luna ed il sole promessi) tra il protagonista e la dolce Edvige. Tutti chiedono pellicce, cappelli a cilindro, milioni di milioni. I poveri che invidiano i ricchi e per avvicinarsi a loro desiderano i loro beni materiali. Una frecciata unica e profetica, di ieri di oggi di sempre. “Le insegne luminose attirano gli allocchi”. Ad un certo punto, il piccolo Totò che seguiva il feretro di Lolotta rimane incantato da un gruppo di cartelli che reclamizza le scarpe Faita, “Camminate felici”. Esemplare, infine, il povero baraccato che tartaglia e per questo difetto non aveva potuto beneficiare del cioccolato Fano, reclamizzato da una macchina poco tempo prima. Cosa chiede l’uomo alla colomba magica di Totò? Di poter parlare fluentemente senza balbuzie, ebbene le prime parole che pronuncia sono le parole della reclame: “Dio ve ne renda merito, il cioccolato Fano è il migliore!”. Semplicemente geniali.

 

Guglielmo Barnabò

Miracolo a Milano (1951): Guglielmo Barnabò

 

Brunella Bovo

Miracolo a Milano (1951): Brunella Bovo

 

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