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Interrogation

Regia di Vetrimaaran vedi scheda film

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La recensione su Interrogation

di OGM
7 stelle

In India succede così. Almeno una volta su tre. I casi di cronaca vengono chiusi, rapidamente, ricorrendo a capri espiatori: gente raccolta dalla strada, figli di nessuno, senzatetto, paria che magari non sono tali per nascita, ma lo sono, a tutti gli effetti, agli occhi della società. Chandra Kumar -  un autista di risciò -  ne è stato testimone diretto. L’ha vissuto sulla propria pelle, e si è salvato per miracolo. I suoi tre amici – lavoratori immigrati in città dalle campagne del Tamil Nadu – sono tutti morti. È stata la polizia, sulla scia di vari interessi personali, a decidere il loro destino. Sono serviti in vario modo, prima all’uno, poi all’altro, e alla fine sono risultati scomodi, e sono quindi stati eliminati. Forse l’epilogo non è esattamente quello proposto nel film: l’autore-protagonista l’ha solo potuto immaginare. Ma questo è l’unico eventuale frutto della fantasia in una storia che, per il resto, è interamente autentica. E che è stata resa nota tramite un romanzo -  Lock Up, del 2006 -  ed ora è diventata una pellicola di sconcertante realismo. Una rassegna di crudeltà, di cinismo, di mancanza di umanità, che ritrae le forze dell’ordine come un vero e proprio gruppo di potere, contiguo alla politica, intrallazzato con la criminalità. Al suo interno, la corruzione morale si traduce in una barbarie inaudita, che pratica la tortura e usa gli essere umani come pedine dei suoi sporchi giochi. Il racconto ce ne fornisce tutti i particolari, con una precisione che spesso sfora nella prolissità,  sacrificando l’accorata plasticità del dramma all’asciutto registro della cronaca. Si direbbe quasi che il punto di vista sia il loro, quello dei burocrati aguzzini, per i quali ogni evento è parte di un protocollo da eseguire, freddamente, rispettando le scadenze, gli ordini ricevuti, le pressioni subite. Kumar e compagni sono il solo elemento vivo: con i loro corpi seminudi, coperti di stracci, e con i visi stravolti dal sudiciume e dallo sbigottimento, rappresentano la carne – che suda, pulsa, sanguina – sullo sfondo asettico di un male che sembra estraneo alla materia, alla natura, perché è una perversione che nasce dalla mente per finire in un cassetto, nella pila delle pratiche da ufficio. Lo sguardo del regista Vetrimaaran partecipa, forse inconsapevolmente - o forse invece volutamente, con chiari intenti polemici - a questa visione alienante, che fa dell’osservazione distaccata un efficace mezzo di contrasto. Al centro della scena si soffre, ma tutto intorno i pensieri continuano a macinare trame di complotti ed egoistiche strategie. In questa stanza si parla bevendo in compagnia, mentre, dall’altra parte, qualcuno è in attesa di essere mandato al macello. L’al di qua è la prospettiva del mondo che conta e che comanda. È il riferimento spaziale che deforma le proporzioni, rendendo giganteschi i grandi, e riducendo i piccoli alle dimensioni invisibili dei microbi: quelli di cui nessuno avvertirà la mancanza, perché sono già spariti in partenza. Ma la loro scomparsa è preceduta da uno sconfinato terrore: è per questo che l’uniformità del discorso è, a tratti, interrotta da squarci di eccezionale tensione, davanti ai quali il nostro cuore batte forte, all’unisono con quello delle vittime. È la necessaria messa a fuoco della paura, del dolore, della rabbia, che a volte rompono gli argini e si fanno impetuosi, pur provenendo da animi primitivi, apparentemente incapaci di esprimere profondità. Interrogation li rende (anti)eroi di un mondo assurdamente brutale, indifesi eppure irremovibili nel ribadire, fino all’ultimo, la propria dignità di uomini. 

 

scena

Interrogation (2015): scena

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