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Belli di papà

Regia di Guido Chiesa vedi scheda film

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La recensione su Belli di papà

di mc 5
1 stelle

Qualcuno per favore mi trattenga perchè con questo film ho il dente avvelenato. Premessa: il film appena uscito è balzato subitissimo in vetta alla classifica degli incassi, dunque alla gente sta piacendo moltissimo. E di questo non mi meraviglio di certo. Eh beh il popolo bue apprezza sicuramente il manifesto piacione con Abatantuono che ammicca ruffiano assieme a Facchinetti junior. Quel che invece non mi spiego è come l'opera sia stata accolta bene (senza entusiasmi ma comunque bene) da tutta la critica. Non posso credere che una simile sciagura possa piacere ai critici più blasonati. Io del film non salverei nulla, l'ho trovato proprio insopportabile, sotto ogni punto di vista. La regìa ruffianella la tengo per ultima perchè sul buon Guido Chiesa ne ho da dire, eccome se ne ho. La storia ci parla di un industriale che finge una bancarotta fraudolenta per insegnare ai tre figli immaturi e bamboccioni ad affrontare di petto la vita e a riscattare la loro attitudine da rammolliti. Vicenda ampiamente balorda e inverosimile, che però qualcuno (un pazzo evidentemente) ha scritto che ha agganci con la realtà e dunque è "un film che fa pensare". Pensare de che???? Se per parlare di disoccupazione e mondo del lavoro e soprattutto di rapporto fra due generazioni era necessario metter in scena questa disgrazia di film... ma anche no!! Accantonata quindi una vicenda inutilmente pretestuosa passiamo agli interpreti, ognuno peggio dell'altro, in una continua gara a chi recita più da pagliaccio. Cominciamo da un Abatantuono che fu grande attore e che ora pare riditto ad una maschera che celebra sè stessa. Egli -favorito da continui primissimi piani- non fa che -idealmente- osservare compiaciuto il proprio ombelico. La sua non è una prova d'attore protagonista, diciamo piuttosto una celebrazione autocompiaciutissima di sè stesso, e anche quando parla (sempre con la macchina da presa puntata sul viso) pare che scandisca le parole come se ci stesse rivelando la verità rivelata, anche se poi spesso nel suo birignao padano-lombardo finisce con lo smozzicare frasi con toni talmente bassi da rendere incomprensibile ciò che dice. Un caso di attore che si crede un gigante, evidentemente, ed è ormai invece solo un vanesio. Per quanto riguarda gli altri, laddove ci sarebbe stato bisogno di sapienti caratteristi, è un dilagare di recitazione da cani, di facce improbabili e soprattutto antipatiche, cui i dialoghisti hanno peraltro reso un servizio pessimo, con frasi e duetti verbali da latte alle ginocchia (dialoghi orrendi!). Prendiamo per esempio la macchietta del panzone che lavora alla discarica: è uno dei ruoli più insulsi mai visti in un film. E poi i tre figli: sarebbero da radiare da qualsiasi ipotetico "albo degli attori". Uno è un cretino che sente il bisogno di rimorchiare donne in età (orribile ruolo), l'altro è un fighetto da aperitivi così stronzo che verrebbe voglia di prenderlo a calci, e infine la ragazza (che mi par di avere intravisto in un film di Virzì dove non sfigurava ma che qui vien voglia di prenderla a schiaffi, e -badate- non parlo solo del personaggio, ma proprio dell'attrice totalmente inetta e titolare di una recitazione scandalosa). Quanto al "Facchinetto" meglio sorvolare, lui pare una barzelletta vivente.
E veniamo al manico. Guido Chiesa è un regista che proviene -ideologicamente ed intellettualmente parlando- dal mondo degli antagonisti torinesi (centri sociali e quella roba lì) che iniziò il mestiere realizzando pellicole seminali di quell'universo culturale (dal miticissimo documentario intorno al concerto chiamato "Materiale Resistente" al Partigiano Johnny di Fenoglio e altri gioielli di passione ed attitudine politica inquieta). Ora, dopo diversi anni da quelle coraggiose prove, ce lo ritroviamo ormai in età matura che ci propone una delle cose più disgraziatamente piacione e più commercialmente sciocche del cinema italiano. La chiave di tutto questo? SOLDI.

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