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Nos femmes

Regia di Richard Berry vedi scheda film

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La recensione su Nos femmes

di hupp2000
7 stelle

Adattamento cinematografico di una pièce teatrale spigliata e dall'humour molto nero. Grande e divertita interpretazione dei tre protagonisti.

Paul, Max e Simon, rispettivamente reumatologo, radiologo e proprietario di due “salons de coiffure” nel centro di Parigi, sono amici da oltre trent’anni. Il primo (Daniel Auteuil) è sposato e padre di famiglia, il secondo (Richard Berry) è il classico scapolo che passa da una relazione all’altra, mentre Simon (Thierry Lhermitte) è il marito perennemente infedele di una donna molto più giovane di lui. Un giorno, i tre si danno appuntamento a casa di Max in vista di una normale partita a carte. Simon si presenta però in forte ritardo, alticcio e visibilmente agitato. Annuncia di aver appena strangolato la moglie, accecato dall’ira per la scoperta di un tradimento. Terrorizzato all’idea di finire in carcere, chiede ai suoi due amici di fornirgli un alibi per la serata. Di primo acchito, Paul sembra tendenzialmente disposto ad aiutare l’amico, mentre Max manifesta il suo drastico rifiuto di mentire in nome di un’amicizia che non può superare i limiti della morale e dell’onestà. La discussione è ancora alle prime battute, quando Simon crolla sotto l’effetto dei numerosi tranquillanti ingoiati unitamente a forti dosi di alcool. Per Max e Paul inizia una lunga notte che li vedrà confrontarsi non solo sul drammatico episodio, ma sul senso della loro amicizia, sui rispettivi fallimenti esistenziali, sulle scelte di vita e via discorrendo.

 

Richard Berry, dopo aver diretto, interpretato e portato al successo la pièce teatrale omonima di Eric Assous, decide di trasferirla sul grande schermo, facendosi affiancare da due cavalli di razza come Daniel Auteuil e Thierry Lhermitte. La trama è semplice e, almeno sulla carta, accattivante, tanto da ricordare fin dalle prime battute lo splendido “Carnage” di Roman Polanski (2011), anche se qui l’impianto teatrale è molto più palese e rallenta la narrazione filmica, trappola che il regista franco-polacco seppe magnificamente aggirare. In compenso, nulla può essere rimproverato al trio di attori, decisamente ispirati e visibilmente divertiti all’idea di potersi produrre con scioltezza su un testo ben congegnato, rapido nel susseguirsi delle battute e corredato da monologhi che consentono a ciascuno di farsi valere al meglio.

 

Alla sua uscita nelle sale francesi due anni or sono, il film ha suscitato aspre polemiche sull’opportunità di realizzare una commedia sul tanto dibattuto tema della violenza sulle donne. Effettivamente, il personaggio interpretato da Thierry Lhermitte è pur sempre l’assassino della propria consorte e presentarlo come una figura simpatica, trasformandolo nella vittima di un destino cinico e baro, non poteva che irritare buona parte della critica d’Oltralpe. E’ comprensibile, ma in questo modo si rischia di buttare la classica acqua sporca con il non meno classico bambino, perché la pellicola e in particolare i dialoghi che la animano non conoscono battute d’arresto, i tre protagonisti sono impeccabili e il finale riscatta in parte posizioni che erano apparse ingiustificabili. D’altronde, certe legittime levate di scudi in presenza di film controversi hanno accompagnato l’intera Storia del Cinema. Come non ricordare i fiumi d’inchiostro riversati su “Arancia meccanica” (1971), proprio per il rischio di far apprezzare dal pubblico un criminale come l’indimenticabile Alex (Malcolm McDowell)?

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