Regia di Gianni Di Gregorio vedi scheda film
Gianni incarna quella categoria dello spirito che è l’impiegato statale romano: si è trovato una nicchia tranquilla dove passare indisturbato il tempo tra le pause caffè in attesa della pensione, ma da un giorno all’altro viene trasferito in una sede staccata fuori città dove gli tocca lavorare sul serio; poi, però, impara come sfruttare a proprio vantaggio le nuove frontiere del servilismo e converte al suo credo anche un giovane collega capace e (quindi) vessato da tutti. Il terzo film di Di Gregorio procede sulla falsariga dei precedenti, ma è il più divertente dei tre: questa volta la lotta per la sopravvivenza del protagonista, fra vicine petulanti e disavventure in ufficio, fa ridere davvero e non solo sorridere. Il regista, con uno stile ormai ben riconoscibile, continua a cesellare il suo indolente personaggio (che ha sempre lo stesso nome, ma non è mai lo stesso) e racconta le avventure di un Fantozzi all’epoca degli esodati. Ciò che gli si può rimproverare è l’eccessiva indulgenza: soprattutto il finale manca di cattiveria, evita di trarre le logiche conseguenze e preferisce “recuperare” Valentina Lodovini, una stronzetta esperta nel fare le fusa per ottenere ciò che vuole e che si rivela una brava ragazza da sposare.
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