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The Humbling

Regia di Barry Levinson vedi scheda film

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La recensione su The Humbling

di logos
8 stelle

Il celebre attore di teatro Simon Axler è rimasto intrappolato nella finzione dei suoi personaggi, e la verità non è altro che questa finzione, che come tale si spegne nel niente di un’improvvisa caduta dal palcoscenico.

Simon, con questo gesto, vuole chiudere per sempre con il teatro, ma i personaggi lo perseguitano, perché nella vita reale non può che scorgere la teatralità, quella stessa teatralità che, essendo stata la sua passione, ora se la ritrova addosso come una impotenza esistenziale. Il suo agente vorrebbe convincerlo a tornare in scena, ma dopo una riabilitazione in un ospedale psichiatrico e la psicoterapia proseguita on line, l’attore Simon non riesce a ritrovare se stesso, si perde nei suoi meandri psichici, allucinatori, spaesanti, fino a quando, dopo un fallito suicidio, incontra la giovane Pegeen, che sin da piccola era innamorata di lui, per il suo talento recitativo. Ma Simon vede finalmente in lei la possibilità di realizzare una vera esistenza, fuori dalla scena, ma in realtà l’attrazione che Pegeen prova per lui è soprattutto per il suo carisma attoriale. In questo rapporto problematico, si realizza l’ennesimo gioco delle parti, dove lui finisce per diventare la vittima, in quanto si sente ferito nella sua impotenza di uomo ormai vecchio, nella sua incapacità di orchestrare una relazione inseguendo i ritmi di una donna giovane tutta particolare, con i suoi gusti lesbici e con un ex amante che da donna è diventati uomo.

La verità e la finzione ricominciano a vorticare nella mente di Simon, in un vertiginoso nichilismo fino alla decisione di ritornare alla scena per rappresentare Re Lear, ma stravolgendone il finale, facendolo diventare il proprio finale, in cui verità e finzione precipitano in una lama nel cuore, decisa una volta per tutte, dando al pubblico lo spettacolo che si merita.

 

Tratto dal romanzo di Philip Roth, il regista Levinson ci riporta a Maps to the star e in qualche modo a Birdman, in un mondo a brandelli, dove tutto è giocato sulla finzione che diventa verità, ma la verità a sua volta non è altro che il nulla delle esistenze, che al di là dei sogni si ritrovano rarefatte e affrante, in un’enorme solitudine, dove tutto si sfilaccia mentre lo spettacolo continua senza misura, annientandosi. Manifesto nichilistico di un attore, della sua arte, in cui si rispecchia tutto un mondo al suo inesorabile tramonto. Tutti gli attori, Al Pacino in testa, danno il massimo, e tutto quel che si può dire di negativo di questa pellicola (The Humbling pecca di convenzionalismo e, come Axler, Al Pacino è sprovvisto di ispirazione e presenza scenica) mi sembra un pò campato in aria, perchè la mancanza di presenza, la sconclusione, la derealizzazione (con tutte le conseguenze paradassali che ne scaturiscono, persino morbose e quasi omofobiche,  ma, non dimentichiamolo, con i loro ribaltamenti dialettici annessi e connessi...) costituiscono il senso stesso del film, attraversato da labirinti di trame che si intersercano, per estinguersi ed esplodere in un'indistinta confusione di  commedia e tragedia, volutamente disorientante e ammiccante.

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