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Men Do What They Can

Regia di Marc Rothemund vedi scheda film

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La recensione su Men Do What They Can

di EightAndHalf
3 stelle

Quanti animali invadono il lungometraggio di Marc Rothemund, noto per il suo Sophie Scholl? Si contano in lista un rottweiler, un’anatra, un uccellino, un coniglio, dodici gatti (citati in un discorso) e forse qualche altro esemplare. Non solo, uno dei personaggi principali è un veterinario, il che rivela la spinta sorprendentemente animalista (cos’altro?) dell’intera pellicola. Che forse il regista volesse in qualche modo osservare, come un etologo o nelle spoglie di un osservatore imparziale, il comportamento dell’animale Uomo alle prese con avventure sentimentali, sviste quotidiane e bizzarrie frequenti e inevitabili? Se proprio l’imparzialità non è il forte di Rothemund (che pure vuole tanto far avvicinare ai suoi personaggini), neanche il suo sguardo si può realmente chiamare regia, per come cerca di ammiccare allo spettatore tramite la visione di una serie di nudi (soprattutto dei derrière, maschili e femminili), per il generale anonimato che circonda l’intera opera, per le trovate stranote e prevedibilissime che sembrano prese e ristampate da una commediola americana che tanto piace a chi vuole rilassarsi. E intanto l’identità propria del cinema tedesco (e di uno stile in generale) va a farsi benedire, e il film decide di percorrere i canoni soliti della commedia romantica, senza concedere nulla al demenziale nonostante le situazioni si spingano inavvertitamente verso il ridicolo involontario: ridere, si ride, ma è l’ingenuità del tutto a lasciare desolati. Gli equivoci sono telefonati, i caratteri sono macchiettine dimenticabili, la storia si snoda senza sorprese né gag irresistibili per tutta la sua (eccessiva) durata privando lo spettatore del vero spasso che pure il film si ripromette. A parte l’invadenza degli animali, niente di nuovo all’orizzonte; o forse qualcosa di nuovo c’è all’interno del cinema tedesco, qualcosa che diventa imbarazzante e irraccontabile se poi contestualizziamo il tutto in un cinema che sembra sempre più (tristemente) globalizzato, e per di più senza idee davvero fruttuose. Urletti, mani morse dai cani, hackerate “romantiche”, barbe finte, segretarie indispettite, tradimenti finalizzati al paradosso: gli ingredienti ci sono e se ne stanno confusi nelle loro varie scenette episodiche, senza scalfire minimamente l’apatia dello spettatore, che magari ride e si diverte, ma non può non ammettere la profonda triste banalità del tutto. Evitabile, a meno che magari non  si vogliano evitare le solite facce della commedia americana del XXI secolo.

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