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The Lobster

Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film

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Utente rimosso (SillyWalter)

Utente rimosso (SillyWalter)

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La recensione su The Lobster

di Utente rimosso (SillyWalter)
5 stelle

 


        Prevale  un cerebralismo piuttosto glaciale in THE LOBSTER, un cerebralismo che può forse stimolare e che sicuramente ravviva le serate a suon di "io ci ho visto" & "secondo me invece" , ma che si sposa poco e male (soprattutto nella seconda parte del film) con il tema umanamente caldo della solitudine e della coppia clandestina dall'amore contrastato.    

         Tutto farebbe pensare a una satira sulle regole sociali e le gabbie mentali (costretti alla coppia  o costretti contro la coppia o costretti a volersi fare simili) ma cosa c'è di più schematico e inneggiante alle norme di un'opera che parla solo alle teste? Questa struttura a vista disabitata da esseri viventi è a suo modo proprio una gabbia. ("Appunto!", dice l'altro,  "Un mondo freddo disegnato in modo freddo.  Una gabbia disegnata da chi è in gabbia. La caverna di Platone. La mise en abyme... " e la serata è ravvivata).  Dicevo: una gabbia per artisti in cui i personaggi non nascondono i loro fili vivendo un po' in autonomia. Non emozionano  come persone (forse come funzioni artistiche). Non se ne sentirebbe la mancanza a trasformarli tutti in bestie. E queste gabbie hanno un po' tutte lo stesso sapore metallico del ragionamento,  qualsiasi sia il ragionamento che contengono.        

        Alla fine, emotivamente parlando, i bersagli colpiti non sono le costruzioni sociali degli uomini ma gli uomini stessi che accettano le convenzioni, si fanno programmare e si programmano (non si può dire che si deformino perché questi hanno poca forma fin dal principio ). TUTTI gli uomini, senza eroi e senza speranza. Tutto il genere umano. Non è satira, che per sua natura è positiva, battagliera, coinvolta. È più un'ironia distante su un'umanità estinta. 

 


        Che poi ci si diverte pure (il cavallo dai belli capelli, le manette antimasturbazione, i teatrini "vita di coppia / vita da soli"), ma questo rispetto al quadro d'insieme pone dei dubbi,  finisce per stonare, creare disomogeneità  e aspettative disilluse. L'umorismo (nero e non) così come l'allegoria distopica sono strizzate d'occhio, richiedono un'intesa autore-spettatore, un terreno comune, stesso linguaggio, stessi riferimenti che vengono "dal prima" del film. È una collaborazione. Usando le nostre attese e le nostre abitudini emotive gli autori ci fanno ridere con una metamorfosi spiazzante o una battuta su un pappagallo, inorridire (o apprezzare la violenza straniante) dell'assassinio di un cane/fratello, dare un senso satirico/grottesco alle pratiche per trovare una compagna compatibile "prima che sia troppo tardi". Emozioni e significato.      

         Poi però i riferimenti, com'è ovvio, dovrebbero diventare sempre meno quelli che ci portiamo da casa e sempre più quelli stabiliti dall'ambiente e  dai personaggi messi in scena. E in un certo senso il film non fa la sua parte. L'ambiente, già freddo, in parte sembra allontanarsi verso il surreale (qui si perde il terreno comune ) e in ogni caso  dà sempre meno elementi di significato nuovi mirando a volte a confondere le acque (forse per sfuggire lo schematismo della facile allegoria) e  a volte a confermare le fondamenta allegoriche. Ma soprattutto poi i personaggi non riescono a vivere per conto proprio. Continuano ad esistere (con modi distanti) solo per appoggiarsi ad altro, a quei riferimenti  esterni o a una traduzione simbolica,  non costruiscono sulle  loro emozioni e  si fatica a vedere un percorso con alti e bassi, ossia una storia. Di conseguenza non ci si identifica e si perde interesse.  Di conseguenza black humor, crudeltà e ironia fanno sempre meno effetto perché ai danni di gente con poca vita addosso e con reazioni non comuni. Emozioni e significato non trovano l'appoggio che precedentemente veniva dal confronto /contrasto con attese ed esperienze dello spettatore. È difficile vederlo come un risultato voluto di un progetto riuscito (per quanto "d'arte" o "d'autore") visto lo squilibrio interno, il crollo del coinvolgimento e la mancanza di un puro piacere narrativo. 
         Finale atroce e potentemente significativo. Come un'impennata all'ultimo. C'è qualcosa di poco convincente o forse poco opportuno (un poco ruffiano?) in un finale  del genere per un film che ha evitato la strada del racconto allegorico puro e semplice (dopo averne però usato in un primo momento i codici e le attrattive) per inseguire una maniera meno classificabile,  meno leggibile, più astratta,  forse più artisticamente libera? (Forse perché i meccanismi dell'intreccio sono equiparati ai meccanismi sociali sbeffeggiati in precedenza?) ... E poi però ecco il finale ad effetto che prende senso dalle leggi del racconto distopico-allegorico da cui ci si è in parte allontanati. Un finale per altro "fortissimo" (duro e significativo nel punto più significativo) che chiude una deriva invece sempre più raggelata e distaccata .      

  

 

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