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Tre cuori

Regia di Benoît Jacquot vedi scheda film

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La recensione su Tre cuori

di logos
6 stelle

Marc, quarantasettenne portati male, lo vediamo perdere il treno in una città della provincia; sbuffa, vuole tornarsene a Parigi, si ripara in un caffè, chiede dell’acqua e intanto, guardandosi attorno, perché sempre attorno si guarda, incrocia una donna, una certa Sylvie, la insegue, la abborda, le chiede se può indicargli un albergo per passare la notte, una battura tira l’altra, girovagano per tutta la notte, nasce tra loro qualcosa, un’attrazione sfiorata con l’allusione di un bacio, ma si promettono di rivedersi il giorno successivo, per le 17,30 in un giardino di Parigi.

In tutta la notte passata insieme a parlare del più e del meno, dei loro genitori soprattutto, lui è orfano, non si sono detti il loro nome, non si sono scambiati il loro numero di cellulare, non sanno niente di niente per avvisarsi su eventuali contrattempi circa l’appuntamento successivo. Romanticheria da quattro soldi, ma furbesco espediente per creare le premesse di un dramma sentimentale che rasenta il grottesco. 

Per il giorno deputato all'appuntamento, infatti, il nostro Marc è colto da infarto, e Sylvie, senza sapere nulla di quel che succede a Marc, se ne ritorna sconsolata nella provincia, e, delusa, acconsente al marito di andarsene negli States, lasciando sua madre e la sua amata sorella. Fatto sta che la sorella Sophie senza Sylvie si sente persa nel suo lavoro di antiquariato, e in più viene convocata nella capitale per eventuale evasione fiscale. In quell’occasione incontra Marc che, dimenticavo, è un ispettore fiscale, il quale la tira su di morale, le dice che può benissimo trattarsi di errori di contabilità, e anzi si riserva di aiutarla nella sede stessa dove lei opera, cioè in quella cittadina dove ha incontrato Sylvie.

Ma Marc è uno che si guarda intorno, e così, daglie e daglie , si innamora di Sophie. Passerà del tempo prima di sposarsi, avrà modo di conoscere la casa della donna, sua madre, ed essendo uno che si garda intorno, vedrà accidenti qualche foto di famiglia?... e invece no, solo alla vigilia del matrimonio il nostro Marc scopre che Sophie è la sorella di Sylvie, che intanto sta per arrivare in occasione della celebrazione.  Nasce così un dramma sentimentale tra il Marc da una parte, e le due sorelle dall’altra. Naturalmente Sophie non sa nulla, ma Sylvie non vuole che si sappia nulla per amore di Sophie, mentre Marc non sa più dimenticare Sylvie. Tutto quello che ne consegue lo si vede nel film, con una trama stiracchiata fino allo sbalordimento. Nulla da dire sugli attori, anzi, se non fosse per loro, il film non sarebbe poi un granché, eppure, per eterogenesi dei fini, la bravura degli attori stimola, nella regia, una vero e prorpio scopiazzamento pasticciato, anche se a tratti piacevole.

 

 Benoit Poelvoorde nel ruolo di Marc è molto bravo nel recitare la parte di un uomo che non sa mai stare dove sta, con quegli occhi che girano a vuoto tra un cellulare e l’altro, il figlio da coccolare, una moglie che odia sempre di più o ama sempre di meno e una voglia inaudita di Sylvie;

poi abbiamo Charlotte Gainsbourg che nella parte di Sylvie ci regala il profilo di una donna silvestre che, senza fare quasi niente di sua iniziativa, indossa sempre gli stessi abiti, sembra essere invece l’ombra stessa del peccato, soprattutto quando la vediamo parlare un po’ misteriosa all’inizio con Marc o in qualche scena boschiva, dove gli amanti si abbracciano nascosti, mentre sullo sfondo c’è sempre quella musica inquietante che minaccia catastrofi - sembra quasi di rivedere qualche segnale della trilogia di Von Trier (la scena del matrimonio/Melancholia, gli abbracci nei boschi/Antichrist, e lo sguardo cupo e trasognante nel suo cadenzare lungo la notte per le vie della cittadina/Nymphomaniac; e poi, in generale, la trovata del tono della voce fuori campo, che spiega le traversie di Marc e Sylvie, mi riporta a qualche altro film del grande regista, come ad esempio Il grande capo);

Catherin Deneuve,nel ruolo di madre delle duesorelle, che sembra saperla più lunga di tutti perché come madre intuisce la tresca, sfodera tutte le sue qualità degne di un film di Ozon come Potiche, La bella statuina;

e Chiara Mastroianni nel ruolo difficilissimo della remissiva Sophie è davvero brava, ma non messa a fuoco a dovere dalla regia. 

 

Con un cast del genere il film si salva, e anche la regia non è male nel suo lavoro, nonostate le scopiazzature suddette, nel pedinare gli stati emotivi traballanti che si riverberano nelle pareti di case borghesi pronte a tremare per qualunque impercettibile rumore sentimentale, fino all'inverosimile; un modo come un altro per trasformare la commedia in un dramma, ma lasciando un pò tutto in una finzione non voluta.

 

Ma è la trama un vero e proprio stiracchiamento;  vuole essere realistica ma non lo è per niente, e poi è dispersiva. Un dramma sentimentale che si ribalta in una commedia grottesca, senza capo né coda, ma pronta a ricordarci, parafrasando Baudelaire dei Fiori del male, che l’uomo, ebbro di un’ombra che passa, paga sempre il fio del proprio cambiar posto.  

Un film che mi ha dato parecchie difficolta nel valutarlo, momenti da 8 e momenti da 4. Ne è veunto fuori un 6.

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