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La scuola più pazza del mondo

Regia di Hitoshi Takekiyo vedi scheda film

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La recensione su La scuola più pazza del mondo

di OGM
6 stelle

Dietro l’insulso e fuorviante titolo italiano si nasconde un originale anime horror. Un’opera molto colorata,  ambientata in una scuola, e con tre bambine tra i suoi personaggi principali: eppure il film appare povero di tratti infantili. Il tono è ruvido, talvolta violento e scurrile, e la costruzione, nel complesso, risulta troppo cervellotica per essere adatta ai più piccoli. La regia insegue il dinamismo con accorgimenti tecnici apprezzabili, tuttavia tende a confondere la vertigine con la confusione e l’incoerenza. La fantasmagoria delle scene clou non raggiunge la spettacolarità e si ferma invece al capogiro, senza i desiderati effetti coreografici, e con una suspense che non riesce a fare presa. La storia, di per sé, è fantasiosa, ispirata al mondo della cultura, in cui passato e presente, creazioni artistiche e scoperte scientifiche  convivono nello stesso secolare condominio del Sapere. Le abitazioni di musica, medicina ed informatica sono le aule tematiche di un antico edificio scolastico, le quali, durante la notte, si popolano di fantasmi, dai connotati umani (i grandi compositori, i modelli anatomici), dalle sembianze animali (i conigli in formalina, la mosca Chabris) oppure dall’essenza meramente concettuale (la Luce e il Buio). Sono soltanto ombre, che, durante il giorno, rimangono invisibili ed inerti: giacciono dimenticate come il valore della conoscenza, che è attualmente minacciato dal declino, ma che forse può ancora essere salvato dalla curiosità delle ultime generazioni. La muffa è sconfitta dall’immaginazione che, sia pur acerba ed improvvisata, reca in sé l’incontenibile energia della voglia di giocare ad ogni costo, senza paura e senza regole, per il semplice gusto di assaporare nuove emozioni.  Le tre prove, fisiche ed intellettuali,  a cui le tre protagoniste si dovranno sottoporre per raggiungere lo scopo della loro missione impossibile (impedire la demolizione del laboratorio di biologia), saranno affrontate con l’estrosa incoscienza di chi non si lascia intimorire dalle difficoltà, perché non vede i problemi, non coglie i paradossi, e, soprattutto, è del tutto inconsapevole dei propri limiti. Questo sfrenato e multiforme inno al coraggio ed alla libertà di pensiero si ritrova, in realtà, soffocato da un eccesso di divagazioni che spezzano ed appesantiscono il discorso senza nulla aggiungere al divertimento. L’impianto è finemente elaborato, ma sovraccarico di dettagli, e carente di armonia. Le idee ci sono, però  è vero che l’inventiva soffre, ed è costretta ad andare allo sbaraglio, se non è supportata dall’estetica e non è guidata da quel minimo di grazia necessaria a rendere il messaggio gradevole, oltre che efficace. Zombie, spettri, scheletri e streghe possono essere simpatici, pur provenendo dal regno delle tenebre: la magia di Tim Burton ha saputo, addirittura, rivestirli di una struggente tenerezza. L’esordiente giapponese Hitoshi Takekiyo ha cercato di inserirsi in quella scia, con entusiasmo, ma forse incautamente, con uno sguardo che, per quanto raffinato e fiducioso nel potere suggestivo del cartoon, è rimasto, indiscutibilmente, confinato nella prospettiva di un adulto.  

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