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Vizio di forma

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vizio di forma

di ohdaesoo
8 stelle

Si vede che con gli Anderson io debba avere un rapporto particolare.
Wes, il pastellaro, riesce sempre ad affascinarmi ma mai a farmi innamorare.
Paul Thomas invece non sbaglia mai, ogni suo film è per me la conferma di trovarmi davanti uno dei più grandi ma poi, alla fine, resto sempre sulle soglie del capolavoro senza (quasi) mai entrarvi.
Magnolia, capolavoro intendo, lo è.
Ubriaco d'amore per me è bellissimo ma non lo è.
Il Petroliere per me è bellissimo ma non lo è.
The Master per me è bellissimo ma non lo è.
E Vizio di forma? lo stesso.
Siamo dalle parti di The Master, ossia di quei film apparentemente semplici ma in realtà complessissimi dentro, quasi inafferrabili.

La storia di questo investigatore privato hippie e fattone (bastava hippie?) che senza volerlo e, forse, solo per amore si ritrova invischiato in una storia molto più grande di lui, una storia che soltanto al'inizio pareva una piccola vicenda di uomini e tradimenti ma che poi, passo dopo passo, diventa una matrioska con processo contrario, di quelle che metti la più grande sopra la più piccola.
E' fortissima, direi predominante, la presenza del romanzo dietro, di questo scrittore tanto misterioso quanto -dicono- grandissimo (e dopo aver visto il film non stento a crederci). Un intreccio pauroso, dialoghi formidabili, frasi su frasi in voice off talmente importanti e belle che un primo ascolto te le fa volar via senza che tu riesca ad afferrarle.
C'è questa sensazione che Anderson abbia adattato come meglio non si poteva un romanzo che riesce però comunque ad essere più grande dell'adattamento, a "superare" cioè il film, a farlo sembrare suo figlio.
Siamo negli anni 70, gli anni del peace and love ma anche delle derive oscure che ne scaturirono, Manson su tutte. Come mi ha fatto notare una signora settantenne all'uscita del cinema questo è un film che ha tutta l'America del periodo dentro. Le libertà, Manson (appunto), le Pantere Nere e il razzismo, l'abusivismo edilizio, la fobia del comunismo, le droghe e la psichedelia, le lobby, un certo decadentismo.
Tu segui la vicenda che pare personale di Doc Sportello e ti ritrovi invece a vedere e scovare tutta l'America.
Io ho trovato un accostamento particolare, una fulminazione che mi è arrivata durante il film. E che probabilmente è ridicola.
Ma del resto io sono quello che accostai Hobo a Gesù Cristo e Wrong a Synecdoche New York.
Pennac.
Ecco, l'ho detto. Il fatto è che ho provato la stessa sensazione, anche se raccontata con modalità, stile, ambientazioni e contesto completamente diverso. Vedevo la storia di quest'uomo e delle sue passioni che piano piano nascondeva al suo interno lobby massoniche, intrighi, omicidi, il Male.
Sempre in un'atmosfera ironica (si ride moltissimo in Vizio di Forma, specie col personaggio straordinario di Brolin) e apparentemente "personale (Malaussene come Sportello) alla fine il film narra invece di come la rete del male dell'uomo sia ramificata ovunque, e raggiunga le peggiori aberrazioni.
Anderson è Anderson, che gli vuoi dire? qui grazie alla grana e ai colori riesce a farci trovare, anche fotograficamente, negli anni 70. Cura la sceneggiatura nel minimo dettaglio, mette dentro il romanzo dapertutto ma fa una scelta molto particolare, quello di affidare la voce narrante (quella che riporterà le frasi più belle del libro) a un personaggio secondario, laterale.
Personaggio che, secondo me -lo dico dagli sguardi- è segretamente innamorato di Doc mentre lui invece ama l'altra, la bellissima Shasta (interpretata da un'attrice nuova a me sconosciuta, Katherine Waterstone, davvero notevolissima, straordinaria ad esempio nella scena del nudo integrale).
Regia perfetta come al solito ma sempre abbastanza sobria, priva di virtuosismi. Io amo, ho sempre amato, le lentissime carrellate avanti, quelle che senza che te ne accorgi partono lontane e poi arrivano addosso al protagonista. Ce n'è una sulla scena della panchina con la Witherspoon notevolissima.
E Phoenix? è sempre Phoenix, ovvero il meglio che puoi avere adesso senza più Seymour Hoffmann.
Troverete dialoghi straordinari, scoprirete personaggi dalle mille sfaccettature (quello di Brolin su tutti, poliziotto tutto d'un pezzo, durissimo, che nasconde invece fortissime turbe e sensi d'inferiorità), faticherete, a volte, a seguire la trama, vi annoierete e vi entusiasmerete, sarete presi dalle vicende e anche lasciati.
Avrete a che fare con un film psichedelico come il suo protagonista.
E forse, come me, penserete che tutto st'ambaradan, tutto sto ammasso di nomi, fatti, intrighi e topoi americani non è altro in fondo che una storia d'amore.
La storia di un uomo che vuole soltanto due cose.
Riportare un uomo dalla propria famiglia e ritrovare lei, la ragazza che si accorse di amare sotto la pioggia in una notte da sedute spiritiche.
In mare si dice che il vizio intrinseco, l'inherent vice, sia quello che contempli tutte quelle cose che l'assicurazione non può pagare perchè impossibili da evitare, come uova che si rompono, cioccolata che si scioglie o bicchieri che si frantumano.
E anche nella nostre vite e soprattutto nelle nostre storie d'amore, di vizi intrinseci, di cose inevitabili, ce ne sono.
Forse nella storia di Doc e Shasta il mare ha fatto rompere loro centinaia di bicchieri, decine di uova.
E' inevitabile, soprattutto quando su quella nave che è la vita è salita a bordo una ragazza così bella.
Forse, però, c'è ancora il tempo di raggiungere riva insieme.

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