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A Story of Yonosuke

Regia di Shûichi Okita vedi scheda film

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La recensione su A Story of Yonosuke

di AndreaVenuti
8 stelle

The Story of Yonosuke, Shuichi Okita, JFF Plus 2021

Tra i nuovi autori emergenti del cinema giapponese troviamo certamente il classe 1977 Shuichi Okita, un maestro della tragicommedia "realista"; regista lontano dalle facili convenzioni di genere, sempre pronto a raccontarci storie dense d'umanità con sincera ironia ed il poema giovanilistico dedicato a Yonosuke Yokomichi (Kengo Kora) lo conferma alla grande.
 
The Story of Yonosuke si presenta dunque, almeno considerando l'ossatura generale, come una sorta di Seishun Eiga, genere praticamente "inventato" o meglio rilanciato dal buon vecchio Shunji Iwai tuttavia Sh?ichi Okita propone un approccio stilistico molto diverso rispetto al collega accantonando pertanto il tanto celebrato "stile MTV" (macchina a mano spasmodica e montaggio rapido) a favore di una regia estremamente elegante che predilige il compito di studiare meticolosamente l'immagine senza però omettere del tutto segmenti più dinamici.
 
Shuichi Okita fin dalle prime battute ci presenta uno stralunato ragazzo di "campagna" (chissà se l'autore conosce il film di Castellano e Pipolo XD) giungere in una realtà a lui ignota. La grande Tokyo non è minimamente paragonabile al paesino marittimo, vicino Nagasaki, dal quale proviene; detto questo il giovane non si fa abbattere e con un sincero sorriso stampato sul volto affronta la nuova avventura stringendo così amicizia con un bel numero di soggetti, tutti con le loro particolari storie prontamente raccontate dal regista.

Kengo Kora, Ayumi Ito

A Story of Yonosuke (2013): Kengo Kora, Ayumi Ito

Shuichi Okita attraverso il background dei vari soggetti è bravissimo a presentare, sempre con delicatezza, una serie di argomenti davvero ragguardevoli: dalla disuguaglianza sociale, all'omosessualità vista ancora come un tabù (il film è ambientato verso fine anni Ottanta), all'immigrazione clandestina fino al fenomeno dell' hikikomori (il vicino di casa del protagonista che tutti pensano sia morto tra le mura domestiche fregandosene minimamente).
 
Tornando alla regia, il regista oltre ad uno stile classico (la macchina fissa non manca certamente) non di rado ricorre ad un linguaggio filmico dinamico e altamente comunicativo. I diversi movimenti di camera fungono ad esempio da metafora investigativa (quando il protagonista è in procinto di scoprire "cose nuove") oppure interessante l'utilizzo della camera a spalla, usata tra l'altro in correlazione al ritorno del nostro ragazzo di campagna nella casa dei genitori: camera leggermente caotica un po' come il suo stato d'animo attuale poichè una volta rientrato tra le mura domestiche si ritrova a sorpresa pure la sua cara amica -e futura fidanzata- e non sa bene come comportarsi.
 
Infine impossibile non menzionare i diversi flashforward abbastanza innovativi e pronti a svelare realtà drammatiche...
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