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La preda perfetta

Regia di Scott Frank vedi scheda film

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La recensione su La preda perfetta

di M Valdemar
4 stelle

 

locandina

La preda perfetta (2014): locandina




Simpaticamente inutile quanto la (brutta) cover rallentata ed "emozionale" di Black Hole Sun dei Soundgarden posta sui titoli di coda, La preda perfetta (solita "libera" incomprensibile traduzione dall'originale A Walk Among the Tombstones) è un thriller(ino) un po' strano e tanto pasticciato.
La presenza di Liam Neeson - riciclatosi come arnese (poco attendibile) tutto forza bruta e retorica in rozzi action discutibili - come interprete ancora una volta di (ex) uomo di legge, inganna: non siamo affatto dalle parti d(e)i Taken (avvertenza: già girato il terzo capitolo), e questo perlomeno disattende infausti timori.
Configurato, a partire dalla fotografia notturna e uggiosa, su toni intimisti, riflessivi, il film relega l'azione a poche brevi scene per concentrarsi sul versante psicologico di una storia e di un protagonista che tanto vorrebbero essere vettori di un'analisi indagatrice sull'animo umano. Ma l'esecuzione manca della profondità e della credibilità necessarie, avviluppata, come è, nella fragilissima rete di un copione disordinato, fumoso, sbrigativo, energicamente derivativo (opera dello stesso regista, Scott Frank, basato sull'omonimo romanzo di Lawrence Block); ed eccessivamente inzuppato di umori più o meno "alti" atti esclusivamente a darsi un'aria e un'anima noir.
Nel calderone finiscono ansie e paure di fine millennio (gli eventi datano 1999), personaggi pregni di "seconde funzioni" (vedasi il "socio" di Neeson: ragazzino, nero, senzatetto, malato, perseguitato), citazioni colte (Sam Spade e Philip Marlowe, Nabokov), tematiche (stereo)tipiche una tantum; il tutto senza un forte filo comune che possa servire ad intrecciare un discorso logico, compiuto, e non meramente strumentale.
Pretestuosità e ambizione (fuori portata) trovano il loro emblema nella figura del protagonista, appassionante se non l'avessimo già visto almeno altre milletrecentocinquanta volte: passo indolente, spirito disilluso, con passato tragico alle spalle (ancora poliziotto, in una normale giornata di beatitudine alcolica - toh! - per inseguire e ammazzare dei criminali aveva causato la morte di una bambina - ri-toh!) e presente di chi non deve chiedere niente a nessuno (nemmeno di essere risparmiato se qualcuno gli punta la pistola alla tempia) ma ha la faccia e i modi di chi conosce la vita, la morte e i suoi polli (trafficanti di droga o psicopatici assassini o adolescenti bisognosi che siano).
Stampata sul volto serio(so) di un Liam Neeson alla guida di un manipolo di altri volti anonimi, la pellicola non tiene granché desta l'attenzione, spegnendosi lentamente nel disinteresse generale mentre le note "struggenti" sui titoli coda obbligano ad un'uscita fulminea dalla sala.


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