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Curfew

Regia di Shawn Christensen vedi scheda film

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La recensione su Curfew

di pazuzu
7 stelle

Quando il telefono squilla, Richie sta attendendo la morte riverso in una vasca nella quale l'acqua ha assunto ormai una tonalità rosso scuro. Con la lametta ancora tra le dita sporche di sangue allunga il braccio destro verso la cornetta e risponde: dall'altro capo c'è Maggie, la sorella che da anni aveva smesso di cercarlo perché spaventata dalla sua irresponsabilità, dalla sua depressione e dalla sua dipendenza dalle droghe, ma che ora ricorre a lui per disperazione, perché s'è cacciata in un gran casino e non può lasciar sola la figlia Sophia né sa a chi mollarla nel lasso di tempo necessario ad affrontarlo. Dinanzi a un grido d'aiuto tanto inatteso quanto insperato, Richie — incredulo — risponde presente, rinvia il proprio suicidio e rimedia un po' di garza per tamponare ed avvolgere lo sgarro che s'è procurato sul polso sinistro, poi si veste ed esce per raggiungere quella ragazzina che non vede da quand'era in fasce, e con la quale l'iniziale reciproca diffidenza lascerà rapidamente il campo ad un confronto schietto che gli consentirà di riconsiderare il ruolo degli affetti parentali in un'esistenza che aveva supposto esser giunta al capolinea.

Il newyorkese Shawn Christensen è dal 2000 il frontman degli Stellastarr*, al cui indie rock venato di rimandi al post punk presta uno spiccato senso del ritmo nello stile chitarristico ed una voce spigolosa che pare nascere da una sintesi perfetta tra quelle di Jervis Cocker e Robert Smith. Catalogata nello stesso filone revivalistico che annovera i nomi di Interpol, Editors e Franz Ferdinand (tutte più fortunate in termini di vendite), la band ha fatto seguire ad un ottimo debutto eponimo un paio di capitoli più sfocati che tendono a ripetersi e girare in tondo. L'anno dopo l'ultimo disco (targato 2009), contestualmente al diradarsi dell'attività con gli Stellastarr* (attualmente fermi ma mai ufficialmente sciolti), Christensen ha iniziato a coltivare con maggiore assiduità la passione fino a allora per lo più sopita per la scrittura cinematografica, decidendo nel 2012 di riservarsi il ruolo di protagonista in quello che si conta come il suo terzo cortometraggio, Curfew ("Coprifuoco"), presentato in numerosi festival e insignito di tali e tanti premi da arrivare a aggiudicarsi, nel 2013, il più ambito: l'Oscar.

Curfew — è bene dirlo con chiarezza — è un lavoro senza dubbio curato ma più 'carino' che bello, che dopo un avvio duro, scuro e drammatico imbocca la via meno tortuosa della parabola edificante in agrodolce.

Chiristensen si appoggia ad una colonna sonora variegata e corposa (ben otto brani per meno di venti minuti di girato) e riserva la parte del leone al proprio accattivante brano Sophia, So Far (suo esordio musicale da solista, scritto con Darren Morze), posto al servizio della giovanissima e sorprendente Fátima Ptacek (undici soli anni ai tempi delle riprese ma già tanta spigliatezza) in una riuscita sequenza surreal-musicale (ambientata tra le piste di un bowling) che resterà come il momento più rappresentativo ma al tempo stesso più leggero e rassicurante: rivelando da un lato — alla luce dei tanti riflettori guadagnati — l'aspetto concreto della doppia scommessa lanciata e vinta, in grado di spianare a lei la strada di un futuro radioso e a lui quella del decollo (nel cinema) o del rilancio (nella musica), ma dall'altro marcando una certa carenza di profondità in un'opera che mette molta carne al fuoco ma finisce per semplificare, un'opera promettente, piacevole e valida, ma anche tanto ammiccante e canonicamente 'indipendente' da apparire consolatoria e flirtare pericolosamente con la convenzionalità.

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