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Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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La recensione su Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate

di MrMatthew93
8 stelle

Eccoci giunti, dopo ben 13 anni, a quello che pare sia davvero (la massiccia campagna pubblicitaria ha sicuramente calcato la mano su ciò) il definitivo commiato di Peter Jackson alla Terra di Mezzo.

Il Signore degli Anelli (farne cenno, essendo alla fine di tutto, è doveroso) segnò un punto di non ritorno per il Cinema Fantasy, qualsiasi pellicola di questo genere da quel momento in avanti si è dovuta confrontare con il peso di quella trilogia epocale; uscendone sempre sconfitta. Così come nella letteratura dopo l’avvento di Tokien, comparvero libri e pseudosaghe fantasy che ricalcavano fin troppo palesemente il Maestro, così è stato nel mondo del cinema: tanti imitatori di Peter Jackson, nessuno che fosse in grado di solo avvicinarvisi.

Poi cominciarono a diffondersi le prime voci riguardo il progetto Lo Hobbit…trascriverne la lunga gestazione in preproduzione con tutti i problemi, imprevisti e cambi sarebbe davvero troppo complicato ma tutto confluì in questo risultato: Peter Jackson, con tutta la troupe della vecchia trilogia al seguito, tornò al timone e, sopratutto, anche stavolta si decise di girare una nuova trilogia. Tre film per una favoletta di 400 pagine. La discussione a riguardo la legittimità o meno di tale operazione è diventata stantia, perciò qui ci si limiterà solo a riassumere il pensiero dell’autore della recensione riguardo i due film precedenti: pur con qualche effettiva lungaggine percepibile, meritevoli. Anche se non al livello della trilogia storica infatti (ma nemmeno era richiesto, le opere letterarie stesse sono qualitativamente ben distaccate) si son rivelati pieni di intuizioni meravigliose (la sottotrama a Dol Guldur, Bianco Consiglio, l’approfondimento di personaggi come Thorin e Bard), pur con altre piuttosto scadenti. La qualità complessiva comunque rimane più che positiva.

Questa piccola introduzione perché, pur essendo un film molto diverso per certi aspetti rispetto ai due precedenti,  La Battaglia delle Cinque Armate possiede tutti i più grandi meriti e demeriti dei due precedenti film, contiene il meglio dell’intera trilogia, ma anche il peggio. Ma andando con ordine…

THE HOBBIT: THE DESOLATION OF SMAUG

 

La pellicola, a differenza delle cinque precedenti, è sprovvisto di un prologo e inizia subito in medias res immergendo lo spettatore fra gli abitanti di Pontelagolungo  in attesa del furioso attacco del drago Smaug che non si fa attendere. Qui la pellicola regala già uno dei suoi migliori momenti, l’attacco è gestito in maniera esemplare, si risolve nei tempi giusti. La sensazione che, a livello drammaturgico, sarebbe stata più efficace come finale de La Desolazione di Smaug c’è, ma la decisione di aprire il film in questa maniera ha un suo perché alla luce dell’effetto immersione immediata assolutamente riuscitissimo.

In seguito si entra nel cuore del film e la sua titolazione trova il suo perché. A questo punto è bene chiarire cosa è che funziona egregiamente in questa pellicola e cosa invece zoppica a volte in maniera stridente con l’ottima qualità del resto.

THE HOBBIT: THE DESOLATION OF SMAUG

Pur essendo a tutti gli effetti un film corale, si possono trovare due principali protagonisti: Thorin Scudodiquercia e, ovviamente, Bilbo Baggins. Richard Armitage, che aveva già dato una prova eccellente nei due titoli precedenti, qui supera se stesso, riesce a comunicare molto di più con i suoi sguardi che con le stesse parole (comunque notevole pure il lavoro in fase di sceneggiatura, a proposito di ciò è consigliabile rivedere La Desolazione di Smaug, almeno le sequenze riguardanti il drago); e Martin Freeman si riconferma lo Hobbit  per eccellenza, assolutamente perfetto. Ed è infatti  negli incontri-scontri fra questi due personaggi che la pellicola raggiunge fra le sue vette più alte.

Ben inseriti anche i nani Fili, Kili (ma su lui torneremo), Dwalin e l’eccentrico Dain Piediferro (l’unica new entry di questo capitolo). Il resto della vecchia compagnia rimane completamente sullo sfondo, molti si intravedono a malapena. Certo è così anche nel libro ma forse anche il solo vederli un po’ di più in azione avrebbe giovato considerando che sono stati la principale compagnia dello spettatore durante il viaggio delle due pellicole precedenti.

HBT2-fs-318110.DNG

Il re Thranduil non sfigura, trova i suoi momenti di buona caratterizzazione (ottimo Lee Pace), e l’elfo Legolas, che nel precedente capitolo risultava eccessivamente tamarro e fin troppo “duro” rispetto alla trilogia storica, qui fortunatamente ritrova la sua aura elfica, lo riconosciamo di nuovo, la sua presenza trova un suo perché e il suo background viene finalmente approfondimento. Visionando Il Signore degli Anelli lo si guarderà in maniera diversa, l’operazione in questo caso è ben riuscita (nonostante una scena, verso il finale, fin troppo fuori da ogni legge fisica. I precedenti capitoli, ISDA compreso, di questi momenti non ne era sprovvisto ma qui forse si è davvero esagerato. Comunque si tratta di una singola scena, ci si può passar sopra). Tauriel, che nel precedente capitolo non strideva così come tanti avevano dato modo di intendere, qui invece è decisamente una presenza di troppo: la love-story con Kili è troppo superficiale per essere emotivamente coinvolgente, alcune sue battute da baci perugina francamente totalmente evitabili, quasi completamente ininfluente nello sviluppo caratteriale di Legolas. A conti fatti il personaggio ne esce con le osse rotte (in tutti i sensi).

gandalf e galadriel

Ottima, ma palesemente tagliuzzata, la sequenza a Dol Guldur, piena di rimandi sia alla trilogia storica che al “Silmarillion” che non potrà che far venire la pelle d’oca a tutti i tolkieniani, puristi e non. L’intervento del Bianco Consiglio, pur essendo effettivamente narrativamente quasi staccato dal resto, risulta una gioia per qualsiasi fan della saga. Peccato che Radagast si veda anche stavolta davvero troppo poco, tanto lavoro di costruzione del personaggio (che può esser opinabile) per un minutaggio complessivo (parlando della trilogia) davvero troppo misero. Nuovamente ottimo Ian Mckellen nei panni di Gandalf ma questo è ormai garanzia.

Ottimo anche Bard, segue il percorso iniziato con il capitolo precedente, nulla da eccepire. Presenza infelice invece quella di Alfrid, che qui diviene una vera e propria macchietta comica fin troppo presente. Magari la prima scena è pure simpatica, la seconda pure, la terza si sorride, dopo, quando il furore della battaglia comincia a farsi sentire, la sua presenza disturba e basta. E infatti il suo destino rimane un totale mistero, e allo spettatore non importa sinceramente un fico secco.

Si è deciso di parlare così tanto approfonditamente dei personaggi principali perché è esattamente quello che fa il film. Infatti, Peter Jackon prende di sorpresa una svolta intimista (doveroso citare nuovamente il personaggio di Thorin su tutti) e la gestione dellabattaglia stessa ne risente. Sia chiaro: sono presenti comunque spettacolari scene di massa (a tratti caricata di troppa CGI ma in maniera meno disturbante che nei due film precedenti, anche se paradossalmente è il film più carico di essa), non dall’imponenza delle battaglie della vecchia trilogia (scelta apprezzatissima dal sottoscritto, nell’economia della saga così doveva essere) ma comunque ugualmente spettacolari. Ma il film da’ il meglio di sé nelle battaglie singole: ogni personaggio ha una sua nemesi o una precisa motivazione per lottare; e il film si concentra molto più su questo tipo di scene di quanto mai abbia fatto in passato. In questo senso è il film dal respiro più “epico” dell’intera saga, poiché è noto come tale tipo di narrazione fosse tipica di poemi epici sia antichi che quelli più moderni. Questo fa in modo che la battaglia non dia un senso di deja-vu o brutta copia, ma offra qualcosa di veramente nuovo rispetto al passato.

La colonna sonora di Howard Shore (se ne consiglia l’ascolto) è superba, ma qui fin troppo spesso viene coperta dai rumori della battaglia e non trova il modo di emergere come meriterebbe, a parte rari casi (segnalo l’entrata in scena di Galadriel).

Il (relativamente) ridotto minutaggio offre un ritmo molto più frenetico di tutti i precedenti capitoli. Da un lato questo offre un coinvolgimento maggiore, con la totale assenza di tempi morti; ma dall’altro ci sono cose che si perdono per strada: troppi destini incerti, qualche passaggio fin troppo frettoloso. L’Extended Edition, già si sa, conterrà almeno mezzora di scene inedite. Troppe. Stavolta si parla davvero di film mutilato, e la cosa talvolta è troppo percepibile. E per chi sperava di vedere più Beorn inutile dare false speranze (la sua entrata in scena è comunque notevole).

Chi sperava un buon raccordo con la Compagnia dell’Anello invece non sarà assolutamente deluso, non poteva essere fatto in maniera migliore. Il lento passaggio dallo stile fiabesco di Un Viaggio Inaspettato a quello cupo ed epico de La Battaglia delle Cinque Armate è stata fra le intuizioni più azzeccate e si è rivelata vincente. Inoltre la narrazione dei tre film (quest’ultimo in particolare) è stata costellata di varie citazioni e rimandi alla trilogia storica: stucchevole per i profani, gioia per i fan. Per qualsiasi individuo che, come il sottoscritto, con questa saga è cresciuto la scena finale non potrà che dare una morsa al cuore.

In definitiva non si può dire che questa trilogia sia priva di scivoloni. Ce ne sono, e non così pochi. La gestione narrativa non è sempre perfetta, a volte sembra che i film perdano un attimo l’orientamento. Ma nei momenti in cui Peter Jackon mette il suo tocco, riesce sorprendentemente ancora a meravigliarti ed estasiarti, riesce a farsi perdonare tutte le imperfezioni.

Ed è curioso come pur essendo il film con maggiori invenzioni Jacksoniane La Battaglia delle Cinque Armate è anche quello, di tutta la trilogia de Lo Hobbit, più in linea con il pensiero di Tolkien. Forse è segnale che, pur con tutte le libertà che il regista neozelandese si è concesso, Tolkien non lo ha ancora tradito.

Per uno spettatore medio la visione sarà un grande spettacolo (la regia di Jackson inoltre qui raggiunge i punti più alti dell’intera nuova trilogia, alcune sequenze sono quasi visionarie), per il fan saranno due ore e, purtroppo, poco più di grandi emozioni e qualche brivido. Nonostante Tauriel.

HBT3-fs-341051.DNG

 

 

La recensione è presente anche nel mio blog :) :

https://cinepatici.wordpress.com/2014/12/20/recensione-lo-hobbit-la-battaglia-delle-cinque-armate/

 

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