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Questa è la mia vita

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su Questa è la mia vita

di Kurtisonic
8 stelle

Non è pensabile, vedere un film di J.L.Godard lasciandosi semplicemente trasportare dalle immagini, senza affiancarle al vocabolario cinematografico di un autore, forse il principale che ha trasformato e influenzato il cinema moderno con forme e linguaggi innovativi che hanno contraddistinto la nouvelle vague francese.  Questa è la mia vita è un significativo esempio di ciò che i registi francesi dell’epoca ricercavano: condensazione e ridimensionamento delle trame, dialoghi che ruotano sulla quotidianità, contenimento dell’espressività dei personaggi, frammentazione del racconto, tutto in favore di una lettura in costante crescita evolutiva del pensiero del regista, che non entra nelle storie, ma le usa per autodefinirsi in uno stile riconoscibile e personale. Questa è la mia vita si compone di dodici brevi capitoli, introdotti da didascalie semplici ed enigmatiche  come titoli di opere d’arte moderna che si osservano con qualche sconcerto, che dividono l’animo fra la riflessione e la prostrazione. Godard ottiene questa fascinazione dallo spettatore con estrema semplicità, orchestrando dialoghi e immagini con un tocco disarmante, celando dentro la banalità, citazioni, riferimenti filosofici, fra scenari così esplicitamente reali e ricorrenti che meccanicamente riconducono lo spettatore a individuare la loro natura rappresentata dalla finzione. Aggrappiamoci agli sguardi in macchina dei protagonisti, dagli scarti improvvisi della mdp, dall’isolamento dell’immagine rispetto al contorno dentro il quale si muove, interessante certo, ma anche distante, raggelante nel suo percorso rivelatore. Gli attori diventano solo strumento e l’immagine si manifesta come il pensiero del regista che radicalizza i suoi codici. Nanà, la giovane protagonista, cerca con poca fortuna e convinzione  la sua strada e finirà per prostituirsi. Godard in ogni capitolo ne rivela una sfumatura, una caratteristica, attraverso diversi modi di rappresentazione, ma le modalità espressive restano rigorosamente asettiche, prosciugate in un freddo e calcolato realismo. Naturalmente non si conoscerà nulla sulla natura dei pensieri di Nanà, l’adesione alle sue scelte di vita sono le sue azioni. In un episodio il suo volto viene dettagliato drammaticamente in primo piano, quando in un cinema sta guardando La passione di Giovanna d’Arco, di Dreyer il maestro dell’essenzialità, dell’immagine pura, del mascheramento della decorazione. Godard crea un ritratto a specchio dei volti di Nanà e di Giovanna d’Arco in cui si colgono lo stesso dramma e lo stesso sguardo pessimisticamente rivolto alla vita, annullando ogni confine temporale, unendole in un identico spazio visivo. In un altro passaggio del film, un avventore di un bar, potrebbe essere uno scrittore o un filosofo, intavola una discussione con la ragazza, nella quale si esplica  la concettualità del regista: l’importanza delle parole, la determinazione di un pensiero, la conoscenza, la responsabilità, il distacco dal quotidiano. La prostituzione vera è quella dell’intelletto, tutto il resto è noia.    

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