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The Zero Theorem

Regia di Terry Gilliam vedi scheda film

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La recensione su The Zero Theorem

di gerkota
4 stelle

Sul bagnasciuga dorato di una spiaggia caraibica, un uomo nudo come mamma l’ha fatto è in pieno stato di grazia, finalmente sollevato dalle sofferenze di una vita da cui evadere, tanto gioioso da riuscire quasi a palleggiare col sole che si accinge al tramonto. Ma in un mondo di uomini che hanno affidato alla tecnologia anche la propria psicanalisi, la felicità non può che essere frutto dell’immaginazione o ancor peggio, perché assai più glaciale, il regalo avvelenato di una realtà virtuale.

Christoph Waltz

The Zero Theorem (2013): Christoph Waltz

Ambientato in una società avveniristica ma tutt’altro che più civile della nostra, ancora tormentata da traffico, inquinamento, rumori irritanti, stress da troppo lavoro e incapace di assecondare le necessità della popolazione, The Zero Theorem avrebbe, davvero, potuto sorprenderci con effetti speciali. Viceversa ci ha tormentato con una banalità e una noia sfibranti, a tratti snervanti. E con un’inconcludenza che rappresenta, a nostro avviso, una sonora bocciatura per il visionario regista Terry Gilliam il quale, nell’ormai lontano 1996, s’impose con l’innovativo e coinvolgente L'esercito delle 12 scimmie.

Christoph Waltz

The Zero Theorem (2013): Christoph Waltz

Qui il quasi ottantenne cineasta di Minneapolis paga, evidentemente, lo scotto d’essersi fatto incuriosire dalla scadente sceneggiatura di uno sconosciuto (per chi scrive) Pat Rushin, script praticamente privo di passaggi capaci di conquistare lo spettatore e di dialoghi la cui intelligenza sia alla pari di quella che avrebbe dovuto caratterizzare i personaggi inventati.

 

Eppure il materiale umano reperito per l’operazione è, in alcuni casi, di primissimo livello, basti citare i tre premi Oscar in gioco, in ordine d’importanza del ruolo: con ben due statuette dell'Academy Award (per Bastardi senza gloria [2010] e per Django Unchained [2013], entrambi di Quentin Tarantino) Christoph Waltz, nei panni del depresso-psicotico-misantropo Qohen Leth; con una statuetta per la miglior sceneggiatura originale (Will Hunting - genio ribelle, di Gus Van Sant [1997]) Matt Damon, che interpreta l'irremovibile e anelastico direttore della società Mancom, specializzata nell'elaborare programmi per super-computer del futuro (quello nostro) e cinici teoremi con cui dimostrare la mancanza di speranze cui è destinata l'umanità; con una statuetta come miglior attrice non protagonista (Michael Clayton, di Tony Gilroy [2008]) Tilda Swinton, arruolata per dare giusto un volto (la si vede sempre e solo su un monitor) alla squinternata inaffidabile snervante psicoterapeuta del malcapitato Qohen. La più simpatica del cast - aiutata anche da due labbra che non possono lasciare indifferente chi sia estimatore della bellezza femminile – e infilata in vestitini e bikini quasi sempre castigati, risulta essere la modella francese Mélanie Thierry (vista giovanissima in La legenda del pianista sull’oceano [1998] del nostro Giuseppe Tornatore), qui apparentemente svampita ma invece romantica, innamorata seppur repressa e, almeno, un’iniezione di freschezza e colore per l’ammorbato spettatore.

Melanie Thierry, Christoph Waltz

The Zero Theorem (2013): Melanie Thierry, Christoph Waltz

Tre interpreti purosangue, insomma, sono sacrificati sull’altare di una sperimentazione azzardata e fallita, che ha nella insulsaggine del finale il suo indignante sprofondo di passione.

 

Dell’opera firmata Gilliam si salvano giusto gli effetti speciali e i colori (bene, quindi, il nostro Nicola Pecorini alla fotografia) di un mondo quasi cartoon, che rimanda per certi versi alla stupefacente Hollywood ricostruita in Chi ha incastrato Roger Rabbit (di Robert Zemeckis, 1988).

Christoph Waltz

The Zero Theorem (2013): Christoph Waltz

Superfluo, perciò da evitare. Voto 3,7.

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