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The Liability

Regia di Craig Viveiros vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Liability

di Kurtisonic
6 stelle

Quando le aspettative sono alte, gli scricchiolii sono crolli, una corrente d’aria diventa un tifone. The liability è un film dall’anima divisa in due, per il quale si scomodano citazioni da Tarantino  a Demme, ma con un passato da elettricista l’interessante regista inglese Craig Viveiros sembra che debba ancora perfezionare i collegamenti giusti. La prima parte è attraente, costruita e compatta, mantiene le promesse di un buon noir d’azione non privo di un sagace umorismo. Due leoni d’attore, Tim Roth che interpreta il ruolo a lui più congeniale, uno spietato e silenzioso killer, con Peter Mullen in versione delinquente, ricco e carogna, agli antipodi del diseredato Joe di Ken Loach (tanto per riaprire le polemiche su Loach al TFF). Insieme a loro, Jack O’ Connell, uno scapestrato ragazzo sfascia automobili, che viene obbligato dal patrigno (Mullen) a lavorare come autista. Deve scortare il killer, che gli trasmetterà la filosofia del suo agire e come comportarsi nelle situazioni più critiche. Il rapporto affatto rassicurante, non privo di tensione è venato di un sottile humor,  rappresenta la parte più funzionale di The liability, corroborato da un montaggio veloce, un ritmo adeguato e da dialoghi pungenti. Inconsapevolmente i due personaggi assumono un po’ delle caratteristiche dell’altro,  la vicenda vive dell’equilibrio in cui le convenzioni di genere che il film percorre vengono smontate e rimangono all’interno di un contesto molto credibile. Purtroppo c’è anche una seconda parte, dove si realizza compiutamente la trasmutazione dei due, con risultati inverosimili, favoriti da risvolti di sceneggiatura scadenti. Il killer dovrebbe giustiziare il ragazzo, che incredibilmente sopravvive e nella sequenza successiva compare legato, seminudo, in perfetto stato fisico alle prese con la bella di turno. L’ambiente di scena in cui si svolge questa sequenza è totalmente fuorviante e ingiustificata, non si collega a nessun espediente funzionale allo sviluppo della storia, non risulta collegato iconograficamente con qualche rimando alla storia della ragazza. Il killer diventa inebetito, pur ferito si fa accompagnare al matrimonio della figlia, perché anche i sicari hanno un’anima, e soprattutto tengono famiglia. Il ragazzo torna dal patrigno, e nel più classico degli scontri si indovina chi e come prevarrà, buttando all’aria qualsiasi tentativo di suspance e risolvendo tutto in chiave consolatoria. La frittata è fatta, e la luce si è spenta…

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