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1942 (Back to 1942)

Regia di Xiaogang Feng vedi scheda film

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La recensione su 1942 (Back to 1942)

di OGM
9 stelle

Un esodo di portata biblica. Dieci milioni di profughi in marcia per oltre tre mesi e mezzo, attraverso le aree più desolate della Cina. Tre milioni di morti. Tutte vittime civili, uccise dalla fatica, dalle malattie, dagli stenti,  dai bombardamenti  degli aerei giapponesi. Nell’autunno del 1942 la provincia di Henan è in preda ad una siccità senza precedenti, che ha ridotto la popolazione alla fame.  La guerra è in pieno corso, e non esiste speranza alcuna di sopravvivere. L’unica scelta possibile è fuggire. Questa è una storia vera, che una bambina sopravvissuta ha potuto raccontare al figlio. Una vicenda che inizia, in realtà, molto prima, ed ha come protagonista l’uomo che la piccola, rimasta senza nessuno al mondo, incontrerà  sulla sua strada, trovando in lui la salvezza. Quel vecchio era partito da molto lontano. Era un ricco possidente, aveva una famiglia numerosa Finirà anche lui in miseria, e nella più completa solitudine, dopo aver a lungo sofferto e lottato per i propri cari. Il romanzo di Liu Zhenyun ne ripercorre l’indicibile calvario, gettando di tanto in tanto uno sguardo dentro le stanze del potere, dove si decidono le sorti del conflitto, ma anche e soprattutto quelle della gente,  troppo spesso deliberatamente sacrificata alle necessità belliche. Il generalissimo Chiang Kai-Shek appare come un  leader sbiadito e distante, non del tutto consapevole dell’effettiva situazione del suo paese, nonché vistosamente indebolito dalla  corruzione diffusa negli ambienti politici e militari. I capi, a tutti i livelli, sono come ombre, a volte non sono niente altro che pupazzi. È il risvolto teatrale e grottesco di una narrazione che, negli ambienti chiusi, si compiace di contorcersi in una perversione caricaturale, mentre, quando è chiamata a spaziare là fuori, nella sconfinata realtà dei poveri, si concede nobilmente ad una coraggiosa e fedele rappresentazione dell’orrore.  Il regista Xiaogang Feng alterna i due più classici registri della denuncia-testimonianza storica, oscillando tra le emozioni di natura autobiografica e gli enunciati della critica morale.  In entrambi i casi, le tinte sono forti,  e rivelano un elevato grado di partecipazione da parte dell’autore, che vive gli eventi, con pari intensità, nella doppia veste di attore e osservatore: se è terribile stare dentro alle cose che accadono, in mezzo ai dettagli più sanguinosi e crudeli, è altrettanto sconvolgente inquadrarle dall’alto, per mezzo di quelle visioni di insieme che evidenziano le immani proporzioni della tragedia. L’enormità è la dimensione di ciò che sfugge alla comprensione: guardata da vicino, è un caos di complessità inafferrabile, mentre in prospettiva appare come un mostro dalla forma  ben definita, riconducibile agli incubi ancestrali più comuni. Le esplosioni fanno a pezzi i corpi, e la folla si trasforma in un disordinato ammasso di polvere, di carne, di urla, di boati, di lampi, di schegge. Sono le viscere maciullate di un gigantesco serpentone umano, disegnato sul suolo deserto da una miriade di figurine nere e brulicanti come formiche. Essere tutto e niente: è il paradosso totalizzante del dolore collettivo, in cui i drammi personali, nel contempo, si disperdono e si amplificano, producendo quel suono disarticolato, ma assordante, che è la somma  di tante vocine piangenti. Costruire la grandiosità da un mosaico di minutaglie è lo spirito del kolossal,  che qui si presenta armato della buona volontà di chi vuole fare centro andando dritto al cuore della verità, senza passare attraverso le vie sensazionalistiche dello stupore. Quanto ci viene presentato è il duro spettacolo di un’atrocità riconoscibile, concreta, spiazzante solo in virtù della sua smisurata banalità. 

 

Back to 1942 ha concorso, come rappresentante della Cina, al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero. 

 

scena

1942 (Back to 1942) (2012): scena

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