Regia di Uberto Pasolini vedi scheda film
L'opera seconda dell'Italiano d'Inghilterra Uberto Pasolini è un delizioso ritratto di un uomo apparentemente votato alla solitudine e al grigiore ma che, nonostante ciò, mantiene vivo uno straordinario senso di compassione. Perfetto per la parte il protagonista. VOTO: 9
John May (un Eddie Marsan talmente perfetto per la parte assegnatagli che sembra essere stato creato apposta dagli autori per poterlo realizzare questo film) è l'emblema, la quintessenza del grigiore. È un uomo invisibile con un lavoro invisibile: rintracciare parenti di persone morte (e probabilmente vissute) sole e comunicar loro la notizia per prendere poi accordi per le esequie. Esequie che nella maggior parte si s risolvono poi in una tristissima faccenda a due: il prete e il proprio John May. E con questo dettaglio, una chicca, una veloce pennellata, il regista ci suggerisce che il protagonista sembra un 'non vivo' ma in realtà è persona molto più compassionevole della maggior parte dei suoi simili. Quando la sua posizione lavorativa viene però ritenuta ridondante dai superiori, John decide di dedicarsi anima e corpo a un ultimo caso prima del licenziamento. Le conseguenze di questa sua ultima 'missione' saranno... straordinarie. Uberto Pasolini, che sceneggia e dirige questo “Still Life” è un regista italiano, come si evince dal nome, ma che ha praticamente sempre vissuto e lavorato nel Regno Unito. Risulta essere peraltro nipote di Luchino Visconti (Wikipedia docet). Realizza qui la sua opera seconda, dopo “Machan” del 2008, e centra in pieno il bersaglio con un film lento ma davvero profondo, toccante ma senza inutili smielature. Perfetta la colonna sonora, dominata dal pianoforte, a firma Rachel Portman. Altresì perfetto il titolo scelto -e per fortuna lasciato invariato dai temibilissimi distributori italiani- con la voluta ambiguità di un'espressione inglese che può esser interpretata sia come “Vita quieta (o immobile)”, sia come “Ancora vita”.
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