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La notte del licantropo

Regia di Paul Annett vedi scheda film

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La recensione su La notte del licantropo

di undying
2 stelle

Una delle peggiori produzioni Amicus per un ibrido che si perde nella superficialità di messa in scena, accostata alla poco plausibile sceneggiatura che tenta di avvicinare un tema horror (la licantropia) al giallo.

 

Tom Newcliff è un immigrato di colore che, in Inghilterra, ha saputo realizzato una fortuna economica. Ha fatto costruire una enorme barriera attorno alla sua proprietà, limitata da rete spinata elettrificata e un immenso circuito di controllo basato sulla videosorveglianza. Nella sua enorme tenuta -dopo aver testato egli stesso l'impianto nel ruolo di "preda" simulando una battuta di caccia- ospita un gruppo di persone. Il motivo dell'invito, coincidente con la prima notte di Luna piena, è presto detto: dai trascorsi ambigui degli invitati, in un modo o nell'altro coinvolti in fatti di sangue, Tom è convinto essercene uno che soffre di una insolita malattia: la licantropia. Lo scopo del nobile Tom è quello di individuare l'uomo lupo per spezzare la lunga scia di sangue che questi si lascia alle spalle...

 

Peter Cushing

La morte dietro il cancello (1972): Peter Cushing

 

La Amicus è stata a lungo la rivale inglese della Hammer, e per un certo periodo ha saputo anche produrre discrete pellicole servendosi di attori che passavano (per motivi ovviamente economici, come è per Cushing in questo caso) da una produzione all'altra. Purtroppo qui siamo nella fase decadente e conclusiva del cinema horror tradizionale. Nel 1974, infatti, demoni, streghe, licantropi e mostri varii sono stati già, da diversi anni, soppiantati da serial killers e psicopatici molto più realistici di Frankenstein, Jekyll o Dracula. Alle figure un po' tristi e malinconiche degli anni migliori Amicus e Hammer, adesso sono state sovrapposte ombre inquietanti di assassini che si muovono nottetempo, magari mascherati, forse muniti di lunghi e affilati coltelli.

È in questo contesto che nasce un (modestissimo) ibrido per il quale gli autori sembrano ispirarsi al classico di Agatha Christie (Dieci piccoli indiani), già più volte trasposto sul grande schermo in chiave puramente gialla o thriller, con una serie di personaggi costretti in un ambiente  (casa, teatro o altro) ed eliminati uno ad uno da un misterioso assassino.

Il regista Paul Annet ha qui tra le mani una brutta sceneggiatura che vorrebbe coniugare vecchio (il licantropo) e nuovo (il giallo) e per fare questo, negli ultimi dieci minuti, utilizza pure uno stratagemma alla William Castle: un enorme orologio stilizzato, con lancetta dei secondi semovente, viene sovrimpresso sul volto dei personaggi sospetti, mentre una voce fuori campo ci avvisa che abbiamo 30 secondi per dare una identità al licantropo...

Purtroppo però sin dall'inizio di The beast must die (titolo più pertinente di quello italiano che sbaglia il conteggio delle notti, essendocene nel film tre e non una sola) con la corsa tra i campi e i boschi lunga oltre 15 minuti, si capisce che a regnare sovrana per tutta la durata del film sarà solo la noia. E non saranno tre riprese in elicottero o il vedere scattare nel buio un enorme cagnaccio nero a rendere più appassionante una pellicola spenta nel ritmo e vuota nei contenuti.

Certo, il buon Cushing ci mette del suo: e la spiegazione medica della licantropia per un certo momento risolleva la qualità di un film che, definire brutto, è un eufemismo.

Di effetti speciali nemmeno l'ombra, mentre risaltano qua e la ridicole (oggi) telecamere spia collocate in ogni dove (il massimo è sugli alberi!)...

 

Curiosità 

Un seguito della serie Howling, il quinto capitolo per l'esattezza (The reborn), sembra quasi rifarsi a questo La notte del licantropo: anche lì un eccentrico conte invita un gruppo di ospiti in un castello nel quale si sviluppa un intreccio con decimazione degli invitati, sul modello del già citato romanzo di Agatha Christie

 

La Pulp Video lo ha ripescato dal pozzo dei dimenticati, dove avrebbe meritato di restare per sempre: e infatti ci ha pure creduto il giusto visto in che stato lo ha proposto. Video 4:3 mal definito (soprattutto nelle sequenze notturne che sono tante) e audio italiano con riverbero, pressochè inascoltabile senza i sottotitoli. Sottotitoli che talvolta spariscono quando compaiono le sequenze originali in lingua inglese.

La Pulp qui si lancia anche negli extra: infatti è presente una intervista di circa 13 minuti al regista Paul Annet... in lingua inglese e ovviamente senza sottotitoli...

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