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#Indignados

Regia di Antoni Verdaguer vedi scheda film

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La recensione su #Indignados

di OGM
6 stelle

Chi più, chi meno, lo siamo tutti. Perché, come qualcuno ha detto, non possiamo contemporaneamente stringere la cinghia e calarci le braghe. Ma in Spagna è nata l’idea di esserlo in maniera radicale, organizzata, scientifica. Accampandosi nelle piazze, anziché sfilare per le strade. Con la fermezza che si addice a chi vuole anzitutto fare il punto della situazione, per poter protestare con cognizione di causa, e cambiare le cose sulla base di proposte concrete. Una riforma della democrazia, anzitutto. Per rendere la politica indipendente dalle lobby dell’alta finanza,  abbattere il predominio dei partiti e fare dei cittadini i veri detentori  del potere decisionale. Il 15 maggio 2011, alla vigilia delle elezioni amministrative, i centri di Madrid, di Barcellona e di altre città iberiche si sono trasformati in bazar o in agorà, in mercati permanenti del pensiero critico, che, come il software open source, nasce da un’intuizione presentata pubblicamente e messa a disposizione di tutti, per essere successivamente elaborata, modificata, migliorata. La rivoluzione diventa un messaggio lanciato nella rete, che rimbalza da un capo all’altro del mondo, facendo presa, in tanti modi diversi, nelle varie parti del globo. Un tweet su un social network è la scintilla da cui parte una fiammata che viaggia alla velocità della luce, moltiplicando i focolai della ribellione.  Internet è il nuovo veicolo di contagio, che dall’Egitto e dalla Tunisia ha propagato il germe del dissenso prima in Europa, poi nel resto dell’Occidente. Il dialogo è lo strumento di un pacifismo costruttivo, e di una militanza di stampo intellettuale, che però non copia dai libri, bensì ragiona con la propria testa. E non scrive memoriali o manifesti, per venderli in libreria, perché preferisce esprimersi con la sintesi estemporanea, universale e contundente degli slogan scarabocchiati sui cartelli, o dei tweet postati nei blog. Quasi tutti gli attivisti della prima ora possiedono un account su Facebook ed un titolo di studio superiore. Il documentario di Antoni Verdaquer è un viaggio fatto di parole, che fa parlare i protagonisti di un movimento senza leader né strutture gerarchiche, tenuto insieme da un malcontento che attraversa tutti gli strati della popolazione, anche se, in questo film, appare rappresentato ufficialmente soltanto dalla sua componente più istruita. I valori propugnati sono quelli di sempre: la priorità del bene comune  rispetto agli interessi particolari, il diritto alla casa, alla scuola, al lavoro. Sono i capisaldi della solita utopia senza tempo, forse costituzionalmente debole, a dispetto del principio secondo cui l’unione fa la forza. Il programma è generico, però, per contro, può contare su una coralità che gli impedisce di passare inosservato. In questo film si odono tante voci, che si alternano, sovrapponendosi al rumore della strada. Un espediente registico probabilmente introdotto per stemperare il carattere accademico di molti interventi, da parte di avvocati, scienziati, artisti, studenti, che, portando la loro personale testimonianza degli eventi, spesso non possono fare a meno di mettersi ad analizzare, commentare, teorizzare. Questo didascalismo spiega accuratamente i fatti, anche avvalendosi di precisi dati numerici, ma mette in ombra la spontaneità dell’indignazione, che, di per sé, è un istintivo  moto dell’animo.  Sembra strano non cogliere nessuna traccia di emozione, a fronte di una congiuntura economica disastrosa, nonché apportatrice di una grave e diffusa forma di ingiustizia sociale. Gli indignados sono gente colta e civile, hanno ragione da vendere e lo sanno dimostrare. Almeno questa è l’impressione che ricaviamo, di fronte a questo reportage tagliato e pulito come un minicorso in Power Point. Sarebbe una meravigliosa novità scoprire che questi signori educati ed evoluti, tecnologicamente aggiornati e dall’eloquio tanto affascinante, hanno davvero in mano l’arma vincente per farsi valere ed andare lontano.

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