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12 anni schiavo

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

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La recensione su 12 anni schiavo

di arkin
8 stelle

E' doveroso prendere atto che il film di McQueen sia tratto dall'autobiografia dello schiavo "liberato"(ma libero lo era da principio) Solomon Northop. Di libri scritti da autori afroamericani nel lontano 1850 forse non ne esistono nemmeno altri. E davvero prezioso è il fatto che a raccontare la vicenda sia un uomo che era nato libero. Un uomo istruito, un artista, e uno spirito pacifico e forte. Questa realtà è ciò che rende "Dodici anni schiavo" importante nel panorama dei film che hanno trattato l'argomento dell'indegna schiavitù subita dai neri in America, o delle loro successive lotte per ottenere parità e diritti civili fondamentali. Spesso, il cinema made in USA propone opere che riportano una visione occidentale dell'argomento. Una visione indignata e appassionata, magari, ma che a volte finisce col creare personaggi bianchi sfaccettati e profondi, mentre rende meno convincenti e di alto spessore le loro controparti nere. In "dodici anni schiavo" è invece impossibile sfuggire alla realtà dolorosa di un grande uomo posto sotto al giogo della schiavitù. Il messaggio di uguaglianza razziale non è più solo un messaggio. Un ideale. E' qualcosa che il pubblico riesce a sentire. Solomon Northup è un nostro pari. La sua sensibilità ed intelligenza lo pongono su un piano completamente identico al nostro. E' un personaggio poderoso e vivo.
Detto questo, l'opera di McQueen-non il suo film migliore- ha un valore discontinuo: quanto scolastici e retorici appaiono alcuni passaggi e caratterizzazioni di personaggi, tanto sono soprendenti ed atroci altri momenti: meraviglioso è, ad esempio, nella sua barbara compostezza silenziosa, il piano sequenza dell'impiccagione. Sotterraneo, poi, procede un messaggio sul vero significato di "cristianità", che dovrebbe portare ogni uomo timorato da dio, a considerare tutti come fratelli. Come eguali. A pregare per ottenere speranza. Appare in questo molto chiara la differenza tra le predicazioni del primo padrone di Northup(Cumberbatch), che legge la Bibbia davanti ai suoi schiavi ma poi è troppo vigliacco per mettere in pratica i suoi insegnamenti di fratellanza, od il modo in cui il personaggio di Fassbender addirittura adopera le parole della Bibbia per giustificare le sue violenze contro quelli che considera sua proprietà, ed infine il modo in cui gli schiavi pregano uniti per ottenere forza e giustizia. Anche se a tal proposito, non sarebbe male ricordare a mcQueen, come pure un certo tipo di religione fosse stata imposta dagli schiavisti occidentali, intenti ad eliminare e distruggere qualunque tipo di fierezza culturale, spirituale e di gruppo degli uomini che avevano tramutato in "strumenti di lavoro molto conventienti". In ogni caso, però, che si sia partecipi o meno della cristianità del film, è indubbio che quella "predicata" da Solomon, e forse indirettamente da McQueen, sia l'autentico spirito di un credo nato come non violento e riunificatore.
Ed ecco quindi come possa risultare difficile un giudizio: da una parte l'ossessione personale di un regista che sembra sempre porre al centro della scena un uomo martoriato, martirizzato e messo alla prova(Hunger e Shame), fino a produrre scene al limite della sopportazione visiva o emotiva, che porta avanti il suo messaggio di lotta pacifica in attesa del momento del riscatto o con la speranza che "dio ti scolti", che alterna momenti retorici ad altri lirici, poetici e strazianti(Solomon che rompe il violino dopo la sequenza delle frustate; il ballo con i nativi americani nel bosco...). Dall'altra la percezione umana e partecipe dello spirito di Solomon Northup, un uomo uguale a noi, che ci conduce davvero nell'inferno della schiavitù e della disumanizzazione progressiva. Col quale soffriamo. Con cui viviamo la tragedia del suo popolo in prima persona. Per il quale non escludo che vi ritroviate a provare ammirazione, e a piangere.
Grande cast: dalla presenza di Benedict Cumberbatch, Paul Dano e Brad Pitt in parti minori gradite, alla grande bravura di Fassbender, che tratteggia un personaggio sgradevole ma anche umano, fino alla meravigliosa prova d'attrice di Lupita Nyong'o. Chiwetel Ejiofor, attore finora notabile soprattutto per il bel volto e fisico, qui acquista una dimensione umana, fragile e spontanea che cattura e commuove.
Forse non il miglior film di quest'anno(mi verrebbe in mente anche soltanto "Rush" di Ron Howard), ma comunque un pezzo di cinema importante. Ed un'esperienza doverosa. Proprio come sarebbe necessario, che vi piaccia o meno il film di McQueen, ricordare per sempre il nome di Solomon Northup.

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