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Mood Indigo - La schiuma dei giorni

Regia di Michel Gondry vedi scheda film

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La recensione su Mood Indigo - La schiuma dei giorni

di M Valdemar
8 stelle

Mood Indigo - La schiuma dei giorni è una melodia struggente, tumultuosa, viva e pulsante, che sembra leggerti dentro, sondando nei recessi ombrosi e inaccessibili dell’animo. Un canto semplice e complesso che esplora i sensi e sfrutta le note della fantasia più sfrenata e libera per raccontare di vite e di fasi della vita, una pellicola anni settanta che avvolge tematiche sociali e di protesta in un crocevia di stil(em)i personali e rivisitati, un sonetto-diario vibrante e tormentoso composto di parole che descrivono e registrano ellissi di incanto e grazia, un romanzo ottocentesco dalle cui gravi(de) pagine sgorga la materia che racchiude l’essenza dell’amore e della morte.
Il respiro del film è ampio, potente, penetrante: si muove al ritmo di un pezzo jazz blues, si tinge ebbro dei sentimenti e delle seduzioni che animano arti, teste e cuori, sfuma in un’esalazione romantica che invoca la purezza dell’infinita estasi al calar delle tenebre.
La progressione con cui il poema lirico sinfonico di Michel Gondry schiude i versi rigogliosi di una storia-favola archetipica, cosmica, è di stupefacente e commovente bellezza.
Sin dai primi fotogrammi si è beatamente dentro la composita surreale esplosione di suoni, colori, odori, sensazioni, elementi della natura e dell’ingegno, di idee che attingono a fonti inesauribili di follia e creatività. Raggiunta la vetta, ammirati e toccati quasi con mano i magnifici delicati fiori-neuroni di menti “oltre”, proprio quando il momento disegna su volti e corpi le linee di una felicità compiuta e magica, ecco infiltrarsi nel diagramma perfetto la variabile impazzita sottoforma di una meravigliosa candida ninfea che soffoca polmoni ed emozioni, intossica e restringe ambienti, modifica l’atmosfera in una cappa plumbea, opprimente, che annienta e miete vittime.
Il bianco e nero spettrale è toccante e violento, prende il sopravvento, stende un velo di decadenza, erode vitalità lasciando in dote malattie, vecchiaia, incomprensioni; ma mai oscurando, comunque, il (bi)sogno d’amore.
L'evoluzione delle cose, incredibilmente, trova totale corrispondenza e si sublima in una visione “organica” e interconnessa: tutto, in La schiuma dei giorni è armoniosamente vivo e vivente - le persone, gli oggetti più disparati, i pasti, le armi, gli sfondi, le ossessioni - partecipando alla parabola esistenziale degli innamorati Colin e Chloé. La loro dimora, con ciò che contiene, è organismo che si trasforma da lussureggiante finestra sul mondo in appassita, lugubre prigione di vetro.
Ma è il film stesso ad essere organismo: concentra il flusso intenso di impulsi, stimoli, percezioni indirizzandolo agli occhi e al cuore dello spettatore che diventa egli stesso parte dell’architettura organica, della straordinaria storia.
Finale nerissimo e dolcissimo: la tragicità degli eventi che paiono inghiottire ogni cosa in un funereo abisso venato di impressioni gotiche, in realtà sospende i destini delle due anime nella schiuma dell’eternità.

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