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Iron Man 3

Regia di Shane Black vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Iron Man 3

di pgm
6 stelle

Tre. Ma è come se fosse il capitolo n di qualcosa che, per ora, non sappiamo quando terminerà. L'universo Marvel avanza, avanza a spron battuto, apre buchi nel cielo e conferma l'esitenza egli alieni, fa boom, si commuove e prosegue, prosegue, prosegue. Iron Man conquista il suo terzo film, ma non convince. Le esplosioni si susseguono, antichi fantasmi riaffiorano dal passato (dal vetusto 1999, figuriamoci), vecchie fiamme ardono e tardano a manifestarsi, gli Usa sono - una volta di più - in pericolo e gli eroi hanno gli attacchi di panico. Sarà la crisi? Sarà che il pubblico non crede più ai supereroi invincibili? Sarà quel che sarà o Sarah Ferguson, ma uno a uno, dal Batman che fu, sino a Spiderman, passando per il più umano James Bond, tutti finiscono per affrontare se stessi, prima dei loro avversari cattivissimi e anno dopo anno maggiormente organizzati. Non sempre, però, con risultati adeguati e convincenti.

Sì, Iron Man è tormentato dai celeberrimi e sempre presenti fatti di New York, ossessivamente rammentati, ma persiste nell'essere istrionico, nell'essere playboy, nell'aver la battuta pronta e la lucidità necessaria a far tutto e a risolvere le situazioni. Già, ma di tanto in tanto il sudetto panico lo blocca. Un on/off che sa molto (troppo) di incoerenza narrativa, di presa in giro, di forzatura. Ma tant'è. Il resto, poi, gira sempre nello stesso verso, tra rancori, battutine da fumetto(ne), nuove e terribili invenzioni o scoperte tecnologiche, un passato che c'è sempre stato ma non si è più visto sino a oggi (leggi: il rigenerato scienziato di Guy Pierce e il suo pazzo, pazzo, pazzo piano), bla bla bla e l'amore trionfa, sebbene siam finiti dallo psicoterapeuta. Insomma, pare abbondare una buona dose di ripetitività, in un meccanismo che prima o dopo potrebbe incepparsi e stancare. E pensare che ci si permette di sprecare il talento di Ben Kingsley in un ruolo vigorosamente decrescente che sfocia nella macchietta triviale e prosaica, oltre a quello di Downey, con un personaggio che da egocentrico duro-e-puro per natura diviene qualcosa di indefinibile, abitante di un limbo assai particolare ed evidentemente ben remunerativo, che ripete e si ripete, quasi annullandosi.

La storia prosegue, i numeri crescono in tutti i sensi, la qualità dei dialoghi e delle situazioni va a scemare, ma il ritmo salva il film dalla mediocrità, sul cui ciglio si aggira per due ore. E avanti il prossimo.

 

Sufficiente.

 

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