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Bella addormentata

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Bella addormentata

di barabbovich
10 stelle

Nei due giorni che precedono la morte di Eluana Englaro, tenuta per 17 anni in stato di coma vegetativo e alimentazione coatta e diventata oggetto di un dibattito nazionale sul diritto alla vita, entriamo in tre storie diverse, ciascuna delle quali è legata ai temi dell'eutanasia e del suicidio assistito. C'è un politico del Popolo delle libertà (Servillo), stufo dei diktat del suo capo, che alla vigilia del varo di una legge medita di votare contro il pronunciamento del Senato che vorrebbe obbligare Peppino Englaro, padre di Eluana, all'accanimento terapeutico. Nella vicenda personale del politico c'è la morte dell'amata moglie dopo una lunga agonia e una figlia neo-focolarina (Rohrwacher) che con delle amiche si reca a Udine per manifestare, a suon di cori e preghiere, il presunto diritto alla vita e finendo per innamorarsi del "nemico" (Riondino). Poi c'è l'attrice di teatro di livello internazionale (Huppert) che ha smesso di lavorare per recitare soltanto il proprio dolore, assistendo la figlia in coma da lungo tempo, e che nella sua casa damascata obbliga le domestiche a preghiere forsennate affinché la congiunta si svegli. E infine c'è un medico di incrollabili convinzioni laiche (Piergiorgio Bellocchio) che si trova a dover gestire il difficile caso di una tossica con fortissime inclinazioni suicide (Sansa).
A 70 anni passati Marco Bellocchio firma il suo film più bello, cinema che vola altissimo per raccontarci in maniera tutt'altro che manichea il problema dell'eutanasia e del diritto alla vita. Sullo sfondo si avverte il bordone dei dibattiti televisivi, delle dichiarazioni sconsiderate, delle dirette dal parlamento, si vedono senatori in costume adamitico che seguono la vicenda tra i vapori delle beauty farm di palazzo Madama, viene ricostruito impeccabilmente il faccia a faccia dei dimostranti a Udine. Al centro, in figura, le tre storie che arpeggiano lungo tutta la tastiera del dicibile su un tema tanto delicato, con un cast di attori di grido in stato di grazia e un Servillo che, messa da parte la maschera istrionica, giganteggia nel dare spessore e umanità al suo personaggio in cerca di coerenza ed espiazione, consapevolissimo del fatto che "il dolore non nobilita l'uomo: lo umilia e lo spezza".
Premio Brian alla 69. mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2012). Fabrizio Falco ha ottenuto il premio Marcello Mastroianni (anche per È stato il figlio di Daniele Ciprì).  

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