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Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su 8 1/2

di lamettrie
4 stelle

Un clamoroso abbaglio collettivo. Il giudizio in grandissima parte positivo è per me ingiustificabile, assolutamente, pur nella mia disponibilità a cambiare idea se però ci sono dei fatti a suffragio, e non il solo principio d’autorità (il maestro avrebbe fatto capire…)

Ci sono solo due aspetti positivi nel film, che però naufragano nel contesto deficitario. Il primo è la corretta critica alla censura morale che la chiesa cattolica ha portato avanti sulla gioventù, creando gravi danni. Il secondo è l’onesto finale, in cui il regista ammette di non essere un granchè, di non saper cosa dire, di avere le idee confuse, di essere incapace di capire che cosa vuole essere lui stesso: proprio per questo ammette di vivere male, di essere una persona fondamentalmente triste. Ma la maschera dell’inetto nel ’63 era già stravecchia, di almeno trenta, cinquanta anni. Inoltre la riflessione meta artistica, dell’artista che riflette su sé stesso, era già nota al pubblico tramite almeno Pirandello, e già esiti sicuramente più intelligenti di questo.

Quello che qui manca è soprattutto l’intelligenza: ma non in assoluto, perché il tono della sceneggiatura è molto alto, e di ciò bisogna rendere atto. Ma per il fatto che l’intelligenza è sciupata: le cose che lui riporta sono quasi prive di alcun senso e interesse. Sono robette buttate lì a casaccio: questo non è segno di intelligenza, la quale c’è, ma è inespressa. È come il caso di quegli scolari molto dotati che vanno sempre fuori tema, che buttano lì qualche citazione o frase ad effetto per nascondere il fatto che non hanno studiato o non si stanno impegnando: un docente serio dà il quattro allo studente che vende fumo (incoraggiandolo magari a sfruttare l’intelligenza di cui si intravedono sicuramente i barlumi).

Straparlare di sé va bene, nell’industria della cultura di massa, per fare pettegolezzo e vendere un marchio, che in parte era stato conquistato con merito. Ma non è di per sé un segno positivo, anzi: non accresce il sapere importante di nessuno, al contrario. Ma anche così ha fatto una marea di soldi, ben più del dovuto.

Ricordare dei ricordi, per sé, non costituisce certo un’opera d’arte: può esserne solo l’inizio. Ma qui manca del tutto il lavoro serio che vi va fatto sopra per rispetto del pubblico. L’ermetismo da solo non legittima l’artista, se non viene fatto quantomeno baluginare qualcosa di davvero rilevante.

Non c’azzecca Fellini, a mettere in cattiva luce l’intellettuale impegnato che (per quanto fastidioso, e ai tempi imperava) lo critica: costui ha ragione, perché lo richiama a dire qualcosa di significativo per chi vede.

Questo è un fiasco per me, come Amarcord, anche se io adoro l’episodio di Boccaccio ’70, e quindi non parlo certo male di Fellini in modo aprioristico.

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