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Fly Away

Regia di Janet Grillo vedi scheda film

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La recensione su Fly Away

di OGM
6 stelle

Si può avere voglia di trattare un tema difficile e delicato, senza avere nulla di veramente nuovo da dire. Si può possedere la giusta dose di buona volontà, di passione e di modestia, ma non poter contare su nessuna idea che possa motivare un’impresa artistica, che magari aspiri anche a trasmettere un messaggio sociale. Fly Away è il tipico film fatto col cuore, ma senz’altra forza che quella della sensibilità. La sua anima è un realismo vissuto a fior di pelle, che trasforma i dettagli degli eventi in sfumature emotive, ma le frastagliature dell’amore si avvolgono su una sostanza drammatica in cui manca l’enunciato. Amanda è una sedicenne gravemente autistica, che vive con la madre separata, dalla quale dipende in tutto e per tutto. Il comportamento della ragazzina è incompatibile con una vita di relazione, e persino con una qualsiasi forma di vita autonoma; il suo rapporto di dipendenza dalla madre è peraltro compromesso, in alcuni momenti, dalle sue improvvise crisi di aggressività. La donna non può lasciarla mai sola, e per questo motivo lavora stando a casa, attraverso internet. Sino a che sua figlia, mettendo mano al suo laptop, le cancella involontariamente un importante file, provocando il suo licenziamento in tronco. Il resto è prevedibile, la situazione precipita, e alla fine si impone la scontata soluzione istituzionale. Il distacco sarà ovviamente doloroso, ma per tutti i ragazzi, prima o poi, arriva il momento di diventare adulti. La storia è già vista, pur se efficacemente raccontata, con la partecipazione di chi non vuole risparmiare, a sé e allo spettatore, nemmeno una virgola di quel dramma così spietato e complesso. Le intersezioni con l’amore sono i soliti dilemmi, in cui la spontaneità del trasporto affettivo collide con le severe considerazioni della coscienza morale. Per l’ennesima volta, è arduo scindere l’egoismo dalla generosità, perché non è chiaro, per chi attraversa quel conflitto, capire quanto il desiderio di vicinanza sia un’aspirazione dell’io  e quanto, invece, sia un moto dell’animo rivolto al bene dell’altro. L’argomento, in fondo, è classico, è antico quanto l’uomo, benché sia calato nel contesto contemporaneo della diversità, trattata col registro televisivo della cronaca di vita quotidiana. Janet Grillo, produttrice cinematografica al suo debutto da regista, si ispira alla propria esperienza di madre di un bambino al quale, all’età di tre anni, fu diagnosticata una lieve forma di autismo: nulla di paragonabile alla situazione ritratta nel film, ma sufficiente a riempire l’opera di un profondo senso di compassione per quelle persone che non possono svolgere il proprio ruolo di genitori o di figli secondo il normale corso delle cose. La natura speciale della loro condizione fa della loro vita un continuo problema, in cui la dedizione è indispensabile alla sopravvivenza, eppure non risolve nulla. È importante ricordare l’esistenza di queste realtà di sofferenza senza speranza, in cui la crescita non porta con sé alcun reale sviluppo, a parte quello puramente fisico. Tuttavia il cinema, per essere tale, richiede qualcosa che vada oltre questo, pur doveroso, promemoria: Fly Away è un’opera meritoria e commovente, dalla radice autentica e sincera, il cui impegno, però, si ferma al bel gesto di volerne fare il soggetto di un film.     

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