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Orizzonte perduto

Regia di Frank Capra vedi scheda film

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La recensione su Orizzonte perduto

di luisasalvi
8 stelle

Da rivedere nell'insieme dei film di Capra, per capirlo meglio, ma mi pare interessante, non banale nonostante le molte ingenuità (forse volute, come spesso in Capra) e l'eccessiva verbosità didascalica o predicatoria, peraltro appesantita per me dal doverla seguire in versione originale, con le difficoltà di seguire in inglese discorsi lunghi e quasi filosofici. I cinque mi pare (verificare; pace Mereghetti) siano almeno in parte inglesi e non americani, non sono "in fuga dalla Cina", dove devono andare a Shangai, non "càpitano" nel regno incantato di Shangri-La ma vi sono portati volutamente, dopo che l'aereo è stato dirottato per ordine del moribondo Alto Lama che intende affidare la successione al celebre Robert Conway, di cui aveva compreso la spiritualità e le doti adatte a mantenere e sviluppare questo regno utopico, in cui la vita dura molto più a lungo perché si vive senza denaro e senza competizione, in pieno accordo con gli altri e con la natura interna alla valle (ma grazie ad una inesauribile miniera d'oro che consente di pagare portatori esterni che rischiano la pelle per avidità e li riforniscono di tutti i lussi; come utopia sembra poco convincente o molto ironica). Ma chi ne uscisse dopo avervi vissuto a lungo in quasi eterna giovinezza diventerebbe subito vecchio, in barba alla spiegazione del motivo per cui resterebbe giovane nella valle, grazie alla serenità di spirito; inoltre il vecchio capo morente è decrepito dopo duecento anni, mentre la russa (non "una bellezza locale" di Mereghetti) arrivata lì da una sessantina d'anni sembra ancora ventenne e come tale seduce il fratello di Robert; inoltre lei non ci sta bene e vuole fuggire da quella valle dove dice di essere tenuta prigioniera; dunque non è la mancanza di stress e la serenità a mantenerla giovane; tanto che anche Robert finisce per credere a ciò che lei dice, che vi è giunta solo due anni prima e vi è trattenuta con la forza e che non è vero che lì la gente si mantiene giovane; perciò si decide a fuggire, assieme a suo fratello e alla ragazza; ma i portatori, ormai pagati, li trattano male, poi finiscono sotto una valanga, e la ragazza semiassiderata si trasforma improvvisamente in una vecchia, confermando una affermazione del vecchio Lama ma rendendo dubbio tutto il resto del suo discorso e della spiegazione di utopia, dato che risulta che si era mantenuta giovane per più di mezzo secolo conservando il desiderio di fuggire, tanto vivo da farle sfidare la morte per farlo.

Non credo che si debbano esaminare con criteri logici né realistici le storie di Capra (sono forse meno realistici di questo Accadde una notte o Arsenico e vecchi merletti), ma non credo neppure che Capra sia tanto sciocco da non accorgersi di queste incongruenze che non sono solo inverosimiglianze ma che comportano sospetti seri sull'utopia proposta: lo si legge come "pessimista" rispetto agli altri suoi film del periodo in quanto proietta lontano in un mondo irreale e fiabesco le illusioni di felicità che negli altri film individuava nel mondo del New Deal americano; ma forse è proprio una critica agli intellettuali (europei?) che sognano utopie lontane, irrealizzzabili e incoerenti, basate sullo sfruttamento del monto esterno (delle colonie? Con riferimenti abbastanza espliciti all'Inghilterra), senza riconoscere gli aspetti positivi del mondo in cui vivono. In fondo le accuse della russa che vuole fuggire hanno un notevole fondo di vero, proprio se risulta che lei è già lì da mezzo secolo. Forse anche il fatto che lui sia stato rapito dal mondo esterno per diventare capo di quella regione e che ci si adatta al punto da tornarci volontariamente e superando tutti gli ostacoli che i suoi ammiratori gli frappongono fa pensare agli intellettuali delle colonie inglesi, affascinati dalla cultura inglese al punto da abbandonare o dimenticare e tradire le proprie tradizioni per andare a vivere il proprio successo personale a Londra. A conferma di tale ipotesi, o ad alimentarne il sospetto, gli edifici della valle incantata sono vistose costruzioni "moderne" secondo lo stile più innovativo dell'epoca; cosa che non può certo essere casuale, né "sfuggita in modo evidente al regista" (Ghirardini 730). Da rivedere anche per verificare questa ipotesi, anche nel contesto degli altri film.

Si vede (o si suppone) che è girato in studio, ma mi pare molto bene, con eccellenti risultati visivi, efficaci e coerenti. Le foto fisse che sostituiscono le scene perdute fanno un effetto strano ("moderno"!) per chi non ne sappia il motivo, ma hanno un certo fascino, come pure altri elementi del restauro, che a me pare fatto con molto gusto.

Rivisto, secondo programma, dopo alcuni altri di Capra e con attenzione ai punti rimasti dubbi, mi pare di doverlo leggere in modo un po' diverso. Confermato che i cinque non sono americani, bensì inglesi diretti a Shangai da dove intendono partire per Londra; l'aspetto architettonico del monastero, che i protagonisti osservano essere "in qualche modo familiare, come già visto" è vistosamente moderno occidentale, ma ricorda soprattutto il tipico gusto americano (palladiano), con i colonnati circolari ripetuti: sembra piuttosto una parodia di come appare l'utopia agli europei, come "l'america", nota allora come il paese in cui la speranza di vita è doppia che negli altri paesi, in cui ogni uomo d'ingegno e volonteroso trova spazio per produrre cose utili e in cui vengono attirati (quasi rapiti) i cervelli da tutto il mondo (ma proprio la russa ci si trova male e vuole fuggirne!), grazie a ricchezze naturali ("oro nero" anziché l'oro di Shangri-La?) e allo sfruttamento di manodopera affamata e avida che lavora per i ricchi abitanti.

Anche la descrizione ironica del rapporto con le donne, fatto di cortesie formali, per cui se la donna piace ad uno gli altri hanno il dovere di rinunciare a lei, ma se a un altro piace ancora di più sarà il primo a doverla cedere, è il capovolgimento del culto dell'amore romantico dei film americani (anche di Capra) ma sopratutto è di un maschilismo così plateale, in cui la donna è un oggetto come altri, che non mi pare che neppure allora neppure un pubblico grossolano poteva prenderlo seriamente come immagine utopica, ma semmai come battuta umoristica, e rivela ironia nei confronti del consumismo americano e forse in particolare di Holliwood, mito nel mito, miraggio nel miraggio, in cui la donna è ancora più esaltata ma anche mercificata. Del resto nella valle se ne incontrano solo due, amate dai due fratelli protagonisti.

Il Lama morente è un belga, padre Perot, che aveva avuto un incidente ad una gamba e perciò ora si presenta vistosamente con una gamba caprina, vistoso simbolo diabolico.

Insomma, il film è forse davvero critico come dicono nei confronti della società americana, ma non per confronto con quella ideale di Shangri-La, bensì proprio per le analogie con essa.

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