Espandi menu
cerca
Outsider

Regia di Béla Tarr vedi scheda film

Recensioni

L'autore

EightAndHalf

EightAndHalf

Iscritto dal 4 settembre 2013 Vai al suo profilo
  • Seguaci 233
  • Post 59
  • Recensioni 1027
  • Playlist 35
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Outsider

di EightAndHalf
7 stelle

Psicopatologia del dialogo, di qualunque dialogo, da quello detto in un bar a quello detto con la propria donna nella camera da letto, da quello che si isola dal mondo circostante a quello che cerca di scavalcare il 'rumore' della musica in una sala da ballo. Il primo cinema di Béla Tarr è svelto, veloce, sta tra i corpi stravaccati dell'underground e la recitazione che sembra improvvisazione alla Cassavetes. E' un cinema iperrealista che osserva e scruta da vicino, senza farsi mai invadente, rispettando sempre personaggi apparentemente (troppo) semplici. 
Con Nido familiare Tarr osservava l'istituzione famiglia, circondando una protagonista che era a suo modo un'outsider, nei litigi continui e nei confronti accesi con gli altri. Poco dopo, nel suo secondo film, Tarr sembra analizzare l'istituzione lavoro (e conseguente denaro) dal punto di vista di Andràs, giovane violinista squattrinato, denominato "Beethoven", che viene licenziato dal ruolo di infermiere in un ospedale psichiatrico per essersi ubriacato felicemente con un malato evaso. Inizia così l'analisi apparentemente caotica di Tarr, che afferra momenti di quotidianità e li inquadra non senza problematicità, non con semplice sguardo attivista o, se vogliamo, 'partecipe', ma con la voglia di scavare a fondo nella carica negativa del confronto sociale. Infatti è tutto sempre un 'botta e risposta', quasi un commercio di coscienza, un compromesso per cui si dovrebbe trasformare la scomodità (della vita) in comodità, abituandovisi. Ed è qui che subentra il ruolo dell'arte, isolamento, allontanamento, l'arte intimista che si allontani dal dialogo diretto, che magari lo filtri, ma che se ne distacchi, perché in particolare la musica "non è come un dipinto, non la si può comprare", e la dimensione umana è deludente. La voce che si diffonde, per cui Andràs paghi gli alimenti per un figlio non suo, gira di tavolo di bar in tavolo di bar, tra file di operai e abitanti di un paesino, senza che ci si curi del carattere di questo scoraggiato Outsider, che non può salvarsi se non dimostrando di "non volere più niente". Così la verbosità del film diventa funzionale all'atmosfera, che si carica di tensione "esterna" all'immagine, proprio come il mondo là fuori, un'Ungheria capitalistica di operai e proletari, proprio come i dialoghi, che hanno lo sfondo del silenzio e si scoprono piccolo nucleo di una festa di matrimonio, quando il rumore comincia a evolvere nel nostro udito e percepiamo il contesto, una realtà in cui ci si ritrova stravolti. I dialoghi dunque creano un mondo (che il cinema ancora parlato di Tarr decodifica), un microcosmo in cui tutto si ricrea e si demolisce, in cui si parla del fuori ma si mantiene gelosamente l'intimità del dentro, così come Andràs che, per volere della sua nuova moglie, non apre al fratello che congela "là fuori".
Con meno efficacia di Nido familiare, Tarr prende pochi attimi di realtà in maniera indiscriminata, tanto da disorientare lo spettatore che non sa se sta partecipando a un dialogo importante o uno meno rilevante (intento volontario e iperrealistico), ma che sa di intravedere un'umanità che si ritorce su sé stessa, che cede al Compromesso, che urla per non sentire la dolce follia dell'arte e della musica, che allontana l'armonia, che allontana pazzi esseri umani che sono gli unici in grado di coglierla. E così nell'ultima lunghissima sequenza, in cui passiamo di tavolo in tavolo in una grande sala, dopo aver abbandonato i protagonisti seguiti senza una fine, perché la vita non ha mai fine e prosegue su tanti binari paralleli e incidenti, troviamo un tavolo di uomini d'affari, che si fanno tradurre ciò che dicono per capirsi a vicenda, poiché parlano lingue diverse, nello strampalato mondo del confronto sociale; e il folle verrà allontanato, e ballerà soddisfatto al suono di uno splendido Liszt.
L'outsider di Béla Tarr è un piccolo film di stracci nascosti di pura poesia.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati