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Superclassico

Regia di Ole Christian Madsen vedi scheda film

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La recensione su Superclassico

di OGM
8 stelle

La Danimarca partecipa al premio Oscar con la classica comédie des amours, che, per l’occasione, si trasferisce in Argentina e si arricchisce dei miti popolari del calcio e del tango. La moglie di Christian, la bionda e fascinosa Anna, ex-giocatrice ed ora manager sportiva, lo lascia per il giovane Juan Diaz, grande goleador, col quale si stabilisce in una lussuosa villa di Buenos Aires. Mentre il marito abbandonato – proprietario di un’enoteca in crisi -  medita il suicidio, il figlio adolescente Oscar si chiude in sé, dedicandosi alla filosofia di Kierkegaard e alla fotografia. Intanto le carte del divorzio, inviate da Anna per posta, giacciono in attesa di essere firmate. Fino a che Christian, colto da uno scatto d’orgoglio, decide di raggiungere la moglie, nella speranza di poterla riconquistare. Oscar lo accompagnerà in questa visita a sorpresa, che promette di trasformarsi in una perigliosa e romantica avventura. La storia si risolverà in una semiseria antologia di ciò che (non) si fa per amore, superando le barriere dell’età, e rinunciando spesso in toto alla propria dignità.  Bacco e Venere sono i protagonisti della disperazione di un uomo che ha riversato tutto se stesso nella passione per una donna e per il vino, ritrovandosi, in entrambi i casi, con il solito pugno di mosche. Il suo dramma esistenziale – che ha trasmesso geneticamente al figlio – risiede nell’incapacità di accettare la sconfitta o anche solo la propria inferiorità rispetto all’avversario. Tale rifiuto lo spinge a dibattersi insensatamente nella propria condizione di individuo perdente, che non sa resistere alla consolatoria tentazione di un buon bicchiere né vuole rinunciare alle proprie formali prerogative di coniuge. Christian continua assurdamente ad avvinghiarsi, con tutta la forza che gli resta, alla parte di sé che se ne è andata, che l’ha tradito dopo averlo a lungo illuso di potergli assicurare per sempre la felicità. Il suo negozio, un tempo florido, ha smesso di funzionare, e la donna della sua vita ha scelto di cancellare venti anni di matrimonio per rincominciare daccapo. Lui non si arrende, e in questo modo si rende ridicolo, ostinato e capriccioso come un bambino: inconsapevolmente si procura una raffica di umiliazioni, puntando ad una rivincita che, contro ogni logica, alla fine effettivamente otterrà. Chi la dura la vince, anche sbagliando e facendosi del male. Lo imparano Christian e Oscar, seguendo strade separate, lungo le quali scopriranno, sulla propria pelle,  quanto dolore comporti restare attaccati ai propri desideri, convincendosi che siano cosa buona e giusta.  Il Superclasíco è il derby porteño tra le squadre cittadine del Boca Juniors e del River Plate; ed anche la battaglia combattuta in questo film è una partita tra rivali disputata in casa, nella quale la vittoria è una questione d’onore. Non importa se il mondo non capisce: anzi, questa barriera di diffidenza fa parte del gioco, che così può rimanere confinato nella sua viscerale esclusività,  riservato a chi davvero ne è coinvolto in prima persona, con il proprio essere ed i propri averi, e ci crede con tutta l’anima. Ole Christian Madsen fa dell’intimismo la premessa silente all’esplosione di una poco nobile follia, che è solo il compassionevole fiammeggiare della debolezza; eppure possiede un’energia trascinante ed inflessibile, che va in rete dopo aver goffamente palleggiato intorno alla porta, fino a procurarsi il capogiro. Lo spirito di questo film è un’ebbrezza che vagabonda fino a  sfociare improvvisamente nella lucidità, nella presa di coscienza che di certe cose si può fare senza, e di altre si può magari fare a metà.  

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