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E se vivessimo tutti insieme?

Regia di Stéphane Robelin vedi scheda film

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La recensione su E se vivessimo tutti insieme?

di LorCio
8 stelle

Dal televisivo Le cinque stagioni di Gianni Amico ai commoventi Cocoon degli anni ottanta, passando per l’agrodolce La casa del sorriso di Marco Ferreri fino all’esotico Marigold Hotel: ci sono elementi di tutti questi film (i primi che mi sono venuti in mente sull’argomento) in questa simpatica sorpresa stagionale. Ciclicamente il cinema si ritrova ad occuparsi di anziani (che, lo si ricordi sempre, rappresentano una grossa parte del Paese e in più sono tra i più assidui frequentatori di cinema, specie al pomeriggio) e non di rado dietro la macchina da presa c’è un regista giovane, in questo caso Stéphane Robelin: è una direzione che si mette al servizio di attori sopraffini colti sul viale del tramonto, ammirata ed estasiata al cospetto di mostri sacri ancora in gamba e disposti ad interpretare vecchi (non è scontato, come Greta Garbo ci insegna: si ritirò nel fiore degli anni per essere ricordata per sempre giovane).

 

Il tono decadente è solo sfiorato perché E se vivessimo tutti insieme è un inno alla vita nonostante la consapevolezza della fine. I cinque anziani al centro della scena sanno di dover morire a breve, chi per malattie inguaribili e chi per ordinario corso degli eventi, e, con uno scatto d’orgoglio e di vitalità che purtroppo non sempre si ravvisa nella terza (e nella quarta) età, decidono di godersi la compagnia degli amici, spesso chimerici negli anni più avanzati, e allora mettono su una specie di comune in cui abitano allegramente. Alla base di questo film malinconico e garbato c’è la coscienza di dover mettere a posto ogni cosa prima di andarsene (scegliere la bara) e la volontà di non rinunciare a nulla fino alla fine (al sesso, soprattutto, quasi un’ossessione per i nostri nonnetti), la necessità di riporre la totale fiducia nel prossimo (la coabitazione serve pure per assicurare una collaborativa assistenza sanitaria) e l’esigenza di essere sinceri nonostante tutto e tutti (tradimenti inconfessabili compresi).

 

Portaparola dell’autore è un giovane etnologo tedesco (Daniel Bruhl) dapprima studioso del gruppo e poi affascinato e coinvolto dalle esperienze degli arzilli signori. Film sostanzialmente d’attori, di grandi attori, in cui nessuno sta una spanna sopra l’altro con affettuoso spirito di gruppo: da una parte il volitivo Guy Bedos, il vivacissimo Claude Rich e il crepuscolare Pierre Richard, dall’altra la scattante Geraldine Chaplin e l’incredibile settantacinquenne Jane Fonda (che dimostra almeno quindici anni in meno). Finale commovente e a suo modo straziante quanto dolcissimo.

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