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Morte di un matematico napoletano

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Morte di un matematico napoletano

di Peppe Comune
8 stelle

In una sala d'aspetto della stazione di Roma dei poliziotti chiedono i documenti a un uomo dall'aria stanca e il fare trasandato. Quell'uomo è Renato Caccioppoli (1904-59), uno dei più importanti e innovativi matematici della prima metà del Novecento. Il film di Mario Martone ne ripercorre gli ultimi otto giorni di vita, dalla mattina in stazione del 1 maggio del 1959, al giorno in cui decise di suicidarsi con un colpo di pistola alla nuca. Mostrandoci l'uomo ormai in balia della sua irreversibile crisi esistenziale che da matematico di fama mondiale, professore emerito all'Università di Napoli, nipote di Michail Bakunin da parte di madre, militante comunista e "stravagante" antifascista (venne incarcerato perchè in un ristorante di Mergellina pagò lautamente quattro musicisti perchè intonassero la marsigliese), si ritrovò a rimanere da solo col suo genio matematico, riducendosi a essere schiavo dell'alcol e della trascuratezza a causa di cocenti delusioni di natura politica e sentimentale."Morte di un matematico napoletano" segna l'ottimo esordio alla regia cinematografica di Mario Martone, che venendo dal teatro ne mantiene una certa impronta di base, che si rinviene non tanto nell'abuso di immagini fisse quanto nel didascalismo che connota alcune sequenze. Tutto però rientra in limiti pienamente accettabili ed è tanto probabile che si sia trattata di una scelta calcolata che dal risultato finale non risulta disperdesi ne il fascino "carnale" che il film riesce volutamente a trasmettere ne la superba caratterizzazione fatta del matematico da Carlo Cecchi. E' un film su Napoli e per Napoli, decisamente anticonvenzionale, tanto lontano dal farne uno stucchevole quadretto folcloristico, quanto propenso a mostrare quel legame tra cultura alta e cultura popolare che probabilmente in nessuna città come a Napoli è così stretto e così "corporalmente" percepibile. La didascalia che anticipa l'inizio del film avverte che l'opera da conto dello stato emotivo che ha caratterizzato gli ultimi giorni di vita del grande matematico, degli sbalzi d'umore e delle stranezze comportamentali, tra gli amici e nelle aule universitarie, non già di una precisa e fedele ricostruzione delle cause profonde che lo portarono al suicidio. Precisazione quanto mai doverosa e opportuna a mio parere, perchè serve a veicolare l'evidente intenzione di creare uno stretto rapporto simbiotico tra Renato Caccioppoli e la città di Napoli, un legame di tipo fisico e umorale, quasi filiale, che si rafforza attraverso la vicendevole precarietà esistenziale e la stessa delusione per delle aspettative rimaste inevase, fatto di suoni che non cessano mai e carne e mura che si cercano, di un corpo che si perde nei vicoli brulicanti di varia umanità e occhi che anelano un riposo. Domina prorompente il giallo (dalla superba fotografia di Luca Bigazzi), che accrese la sensazione di malattia, come di una cosa sospesa in un malinconico stato di abbandono, che sembra annidarsi in ogni luogo, riguardare tutto e tutti e di cui Renato Caccioppoli si è solo preso cura di rappresentarne una vittima illustre. Un uomo che si aggira solingo in mezzo a tanta calcolata indiffirenza, tra la devota attenzione dei pochi affetti che gli sono rimasti fedeli e le voci inascoltate di una città tragicamente affascinante, avvinto da troppe delusioni e dal demone del disincanto. Attorno alla grande interpretazione di Carlo Cecchi, ruotono in parti più o meno minori gente come Renato Carpentieri, Licia Maglietta, Anna Bonaiuto, Antonio Neiwiller, Toni Servillo, Andrea Renzi, Roberto De Francesco, Antonio Iuorio, Vincenzo Salemme, Nello Mascia, Enzo Moscato, Toni Bertorelli, un parterre di attori di straordinaria e variegata efficacia interpretativa, che spesso incroceranno le proprie esperienze artistiche (e non solo con Martone come nei successivi "Rasoi" e "Teatro di guerra") e spesso avranno come palcoscenico la disturbante bellezza di Napoli. Una città generosa di fascino e contraddizioni che, per qualità e quantità di cose prodotte, è forse quella che ha dato il miglior contributo alle sorti del cinema italiano nell'ultimo trentennio.

 

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