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Avé

Regia di Konstantin Bojanov vedi scheda film

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La recensione su Avé

di OGM
8 stelle


Fuggire da tutto, anche dai propri sogni. Fingersi un’altra ed inventarsi un amico, un fratello, un compagno. Il tutto per dimenticare il dolore ed andare incontro all’ignoto, che fa molto meno paura. È la scelta di Avé, una ragazza bulgara in fuga, che fa l’autostop verso una meta fittizia, scelta in base all’estro del momento: un traguardo che solo nella sua estemporanea fantasia può prendere un senso. Avé dice bugie, soprattutto a se stessa. È un modo per crearsi una libertà su misura, in cui i vincoli con la famiglia e con il passato si sciolgono, perché il pensiero è tutto rivolto verso un futuro adattabile ed ideale, costruito, via via, con la sola forza delle idee. Sulla strada, Avé incontra per caso Kamen, un suo coetaneo, e lo trascina nella sua follia, che nega la realtà per tuffarsi in una serie di pericolose menzogne. Dare a tutti l’illusione di poter loro offrire ciò che chiedono esplicitamente, oppure desiderano senza poterlo confessare: è la missione di Avé, che crede così di fare del bene. Va ad abitare nelle speranze altrui, illuminandole, per un attimo, del conforto di una presenza, dolce e condiscendente. A seconda delle situazioni, è la prostituta che dice di sì ad un camionista di passaggio, la fidanzata di un ragazzo suicida venuta a consolare i suoi genitori, l’innamorata che si concede a Kamen. È, sempre e comunque, l’incarnazione di un sentimento puro, che non conosce confini, ed è tale da suscitare compassione o tenerezza. Avé vuole farsi amare mentre si mostra fragile ed appassionata, aperta e generosa. Interpreta un gioco dal quale la sua vita vera l’ha esclusa, per mancanza di affetto e di comprensione. La sua ribellione è annullare la sua identità moltiplicandola per mille, interpretando tanti ruoli nei quali il cuore è sempre l’assoluto protagonista. Se proprio è destinata ad essere diversa, in un mondo che non la capisce, Avé vuole esserlo a modo suo, in una maniera che la faccia sentire accettata, la persona giusta nel posto giusto, proprio quella che tutti aspettavano. Nel percorso che la porta, in varie tappe, attraverso la Bulgaria, lei è l’attrice, mentre il suo occasionale compagno di viaggio è l’inerme spettatore, che assiste incredulo alle sue improvvise trasformazioni. Le segue con un misto di sgomento ed ammirazione, e ne è letteralmente annichilito, tanto da non avere la forza di sconfessarle. Il personaggio diventa dominante continuando a rinnovarsi, a cambiare maschera, sottraendosi così ad ogni definizione, e dimostrandosi illimitato.  È la figura eternamente sfuggente, che nessuno è in grado di catturare, benché ognuno, almeno per un istante, sia convinto di averla fatta propria. Questa farfalla crudele vola attraverso una storia tenue ed inconclusa, nella quale nemmeno la morte riesce a porre un sigillo permanente. L’oltre di Avé non si ferma mai, perché vive in una dimensione immateriale, che supera gli ostacoli con la stessa impalpabilità con cui li aggira il vento. In lei l’alienazione si converte in una leggerezza creativa, dando origine ad un delicato bozzetto di vagabondaggio interiore, forse un po’ troppo ingenuo per essere artistico, ma, in compenso, agile e disinvolto, come si addice ad un’opera giovane,  immune dalla impegnativa solennità del tocco autoriale.

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