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ESP. Fenomeni paranormali

Regia di The Vicious Brothers vedi scheda film

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La recensione su ESP. Fenomeni paranormali

di supadany
4 stelle

Ennesimo mockumentary che si presenta anche con alcune credenziali non indifferenti, ovvero uno spirito che abbina basso (i reality) e alto (quale luogo è meglio di un manicomio abbandonato per risvegliare anime in pena?), ma poi alla prova dei fatti non riesce a sfruttare le sue possibilità facendo una fatica bestiale a generare il classico “spavento”, fattore determinante in una pellicola del genere.

Il conduttore Lance Preston e la sua troupe, abili nel raccontare storie di fantasmi che non esistono, decidono di trascorrere una notte rinchiusi all’interno di un Istituto psichiatrico abbandonato.

Ma qui le cose non andranno come si sarebbero aspettati e si troveranno effettivamente intrappolati mentre intorno a loro pare che il tempo si sia fermato.

 

 

Film probabilmente un po’ troppo ambizioso per i vari aspetti salienti e collaterali che va a toccare, che riesce a creare nella lunga fase iniziale il dubbio, che poi è la connotazione maggiormente rilevante, per poi purtroppo scivolare sull’abc del genere, ovvero la responsabilità di terrorizzare.

Così all’inizio vediamo i protagonisti bleffare, ammettere di essersi costruiti una posizione di rilievo con l’inganno precostituito (particolare ordinario per i reality in genere, qui figurato per esempio dal giardiniere che per 20 dollari racconta di visioni paranormali), il che da un lato ha il vantaggio di rendere il “dopo” più cruento (i malcapitati non se lo sarebbero mai aspettato dopo anni di false storie), dall’altro ci si chiede se non sia solo un altro trucco.

Ovviamente è questa l’unica risposta plausibile, perché nella costruzione si prendono troppi rischi avventati, passando da una porta che non è più l’uscita alla notte che non lascia più spazio alla luce del giorno e quindi alla salvezza.

In ogni caso se si accetta di stare al gioco, e questo va detto è tutt’altro che facile, sorge il problema che per quanto la nuova “realtà” sia raccapricciante ed insolvibile dall’altro le scene “hot” non trovano quasi mai quella valorizzazione che una regia di livello avrebbe potuto senza dubbio garantire.

Finisce quindi con l’essere più un gioco, un bluff del bluff, che un intrigo compiuto e raggelante, più confusionario che preciso, probabilmente con qualche esasperazione in meno, e con un pizzico di talento in più, ne sarebbe potuto venir fuori anche un pezzo rilevante del filone “mockumentary” (il luogo in se era un ottimo punto di partenza), invece che un prodotto più esagitato che compiuto.

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