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Tomboy

Regia di Cèline Sciamma vedi scheda film

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La recensione su Tomboy

di lorenzodg
6 stelle

Tomboy” (id. 2011) è una pellicola della regista francese Cèline Sciamma (alla suo secondo lungometraggio). Nell’opera prima (“Naissance des pieuvres”, 2007) affrontava il problema adolescenziale e dei primi amori da parte dei quindicenni.
Nel film “Tomboy” va indietro anagraficamente: si parla di preadolescenti di dieci anni (o vicini a questa età) e dei primi contatti visivi nel gioco e in quello che circonda il suo rito. Il tono stilistico è privo di caricature e tantomeno di eccessi: una sobrietà e asciuttezza che avrebbe fatto gola (nel senso di racconto del film) ai Dardenne o a certo cinema di Truffaut (o pretende un certo documentarismo –un po’ involuto-). La compostezza e il saper asciugare ogni tipo di facile ‘mercato’ sull’infanzia è un punto di forza che si deve riconoscere; altresì la voglia di non calcare la mano sul linguaggio ‘pratico’ di certi ragazzi e sulla misura di voci inutili con personaggi di contorno assenti (o quasi). I luoghi diventano estranei a tutti ma morbidi e silenziosi per la vita di ragazzi in crescita. Questo distacco tra il reale adulto e il mondo di questi giovanissimi dà la sensazione di qualcosa di ‘fiabesco’ e di ‘disgiunto’ da ciò che la vita li attende. L’adulto è lì senza saperlo (il padre di Laure, la madre di un ragazzo di compagnia) mentre la madre di Laure è una sottile linea di unione con altri mentre attende un altro figlio (maschio). Il film si ambienta e si riambienta di continuo nei visi, nei gesti, nei modi e nel gioco di questi bambini; si ha comunque la sensazione di una difficoltà ‘naturae’ di stare con i bambini stessi e di ‘decifrare’ la scala dei loro mondi imperfetti. Un sensazione di tirare il freno per ‘smascherare’ allo spettatore il passaggio lieve e burrascoso della crescita ‘sessuale’ e della sua (vera) identificazione.
“Tomboy” una ragazza-maschiaccio che disegna i suoi sogni e vuole trovare amicizia ma che non si piace e solo nella confidenza con la sorellina riesce a carpire un mondo vicino (per lei sempre lontanissimo).
Andiamo via, ti prego, andiamo via…!” è oramai l’ultima possibilità (l'ultimo appiglio) che rimane a Laure (per tutti Mickael) per non far sapere a tutti i suoi ‘amici’ che in realtà lei è una femmina. Una richiesta che i genitori non accettano (anzi…vogliono smascherare la realtà della propria figlia).
Laure (Zoé Héran) va a vivere con la famiglia (genitori e la sorellina più piccola Jeanne) in un nuova cittadina  (il film fa vedere quasi nulla, si limita al piccolo quartiere)  in cui nessuno conosce la sua vita. Subito s’imbatte con Lisa (Jeanne Disson): una bambina sola con se stessa che ha solo amici maschi. Laure viene vista come ‘maschio’ da Lisa e lei che non sa cosa dire inventa lì per lì il suo nuovo nome (Mickael appunto). (Jeanne è la sorellina di Laure come il vero nome della ragazza Lisa…: Laura gioca in casa con la sorella come fuori…; caso voluto o fortuito?). Viene presentata al suo gruppo di ragazzi. Con loro gioca a pallone, scambia impressioni, va a nuotare, corre e si diverte. Ma a casa ritorna bambina affettuosa con una mamma ignara di tutto, un padre assente e una sorellina arguta e molto comunicativa con lei. Una bambina vispa e “non sono stupida” (come lei risponde alla sorella) che pur di non raccontare nulla a genitori, Laure gli promette di portarla con lei ogni giorno quando va con i suoi amici. Il gioco diventa anche divertente (tirarsi addosso l’acqua da bottiglie di plastica) ma Lisa invece vede in Mickael un amico e qualcosa di più (anche dei baci…che non sono più un gioco infantile). Quando per difendersi (nel suo 'ruolo') fa a botte con un ragazzo, la madre di Laure (Sophie Cattani) scopre tutto (per la visita inaspettata della madre del ragazzo picchiato che parla di ‘suo figlio’). Tutto sembra perso anche la solitudine di tutto(i ma Lisa aspetta fuori mentre Laure guarda fuori.
Un film di ‘buona condotta’ che si perde in facili (forse poco ponderate) dimensioni sociali e conclusioni poco avvedute. Un gesto e un incontro possono dare sensazioni di chiusure mentali ma un certo fastidio lascia il film nel modo di affrontare argomenti (sull’identità sessuale) in un’età in cui qualsiasi movimento dà allo spettatore la sensazione di ‘summa psicologico’. E il tono generale del film (di sorriso sulle labbra) si abbassa (senza saperlo) a uno spartito non sempre consono o quantomeno accarezzato dalla gentilezza dei bambini. In poche parole si ha un gusto acido nel constare che l’adulto vuole intervenire sulla storia di bambini liberi e sognatori, pieni di speranza e delicati. Perché anteporre giudizi ai bambini, perché mettersi in mezzo, perché non lasciare loro certe fantasie dimenticate. La sceneggiatura fa una deviazione verso la spiega a tutti con un finale alquanto fuori strada. Quando si dice riprendere ad altezza bambino significa anteporre i problemi degli stessi ad ogni facile opinione e d errata conclusione. Un sorriso che non vuole essere solo amichevole ma se altro è successo , il far vedere troppo alla fine fa pensare ad altro, a tutto e al contrario di tutto. Il resoconto di simili argomenti (delicati in ogni caso) va da sé che deve essere affrontato con uno stile sobrio (non solo nell’ambiente) ma anche nella ripresa scenica del tutto. Il far vedere a tutti i costi fa svanire la ‘gentilezza’ d’animo nello schema essenziale di un film di questo tipo (parlo di quello che si dice con ‘classe dovuta’): mettere veramente i bambini in primo piano senza mettere in gioco il ruolo ‘adulto’. Ma forse si pretende troppo, troppo di altro o meglio di altri registi si pretende, il contrario (‘bello’) che non c’è più…
Ps. Davanti a me due due persone vedevano il film. Una bambina e suo padre. La bambina poneva domande (importanti) e il padre taceva o era generico. “Ma no non è un maschio…. È una femmina” dice lei al padre. Appunto come volevasi dimostrare …i figli non si possono ingannare con affermazioni smisurate o false che provengono dagli adulti. A chi di dovere è meglio non rispondere. (Quasi mai).
Il cast è ben assortito con un voto di livello per la bambina Malonn Léyana (Jeanne) e Zoé Héran (Laure-Mickael).
Regia misurata senza grandi guizzi e inventiva.
Voto: 6-.
 

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