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Andremo in città

Regia di Nelo Risi vedi scheda film

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La recensione su Andremo in città

di mm40
7 stelle

La giovane Lenka accudisce il piccolo Misha, il fratellino cieco, durante la seconda guerra mondiale nella Jugoslavia occupata dai tedeschi, mentre il loro padre Ratko è costretto a nascondersi in quanto ebreo.


Se è vero che il cinema di Nelo Risi è sempre rimasto ingiustamente, colpevolmente all'ombra di quello del fratello più celebre Dino, bisogna riconoscere che è perfino stupefacente che una perla come questo Andremo in città sia passata sostanzialmente inosservata attraverso i decenni, fino a risalire in superficie nel mare magnum del web, a ventunesimo secolo inoltrato. Un film poetico, delicato, di una levità impensabile per gli argomenti trattati – la seconda guerra mondiale, lo sterminio degli ebrei, la violenza e la morte che si respiravano nell'aria di quei terribili giorni – e messo in scena con mezzi discreti e grande rigore formale da parte di un regista che si era fatto, sì, le ossa con anni e anni di corti, ma che a tutti gli effetti qui si trovava al primo lungometraggio cinematografico dopo l'esperienza televisiva di La strada più lunga, l'anno precedente. Alcuni momenti sono a dir poco strazianti, finale ovviamente incluso; a proposito di ciò va riconosciuta all'escamotage di Lenka nei confronti del fratellino un'ascendenza – definiamola genericamente così – su quello del protagonista di Guido con il figlioletto sul quale si basa l'intera trama di La vita è bella (Roberto Benigni, 1997). La giovane Geraldine Chaplin, alle prime esperienze sul set, è già un'attrice convincente: buon sangue non mente; accanto a lei, tra gli altri, Nino Castelnuovo, Aleksandar Gavric e il piccolo Federico Scrobogna, al suo esordio e ben diretto da Risi. Tratto da un romanzo di Edith Bruck (sopravvissuta all'inferno dei lager tedeschi e, nel 1966, sentimentalmente legata a Risi), con un soggetto firmato da nientemeno che Vasco Pratolini e Fabio Carpi e una sceneggiatura del regista, di Cesare Zavattini, di Jerzy Stefan Stawinski e della stessa Bruck. Coproduzione italo-jugoslava; necessarie menzioni per la fotografia in bianco e nero di Tonino Delli Colli e la colonna sonora di Ivan Vandor. 7,5/10.

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