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Rebounce

Regia di Heidi Maria Faisst vedi scheda film

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La recensione su Rebounce

di OGM
6 stelle

Una storia femminile. Forse anche troppo. Incentrata su un una nonna che è un saldo punto di riferimento, una madre che continua a sbagliare, un’adolescente che ha fretta di crescere, ed alla quale i ruoli di figlia e di nipote cominciano ad andare stretti. Susan, la mamma di Louise, è appena uscita dal carcere, dove è stata rinchiusa per tre anni, in seguito ad una condanna per spaccio di stupefacenti. Durante la sua assenza, la ragazza è stata affidata ai genitori di Susan, che l’hanno sottoposta a regole severe, soprattutto per quanto riguarda le uscite serali e la compagnie da frequentare. Inizialmente Louise crede che la donna, che ha sempre condotto un’esistenza dallo stile spregiudicato, possa assecondare i suoi desideri di autonomia. Ma trovare rifugio in casa della mamma-amica, che la porta con sé nei locali notturni, si rivelerà  come una illusione pericolosa e di breve durata. Imitare certi giochi da adulti significherà, per Louise, sperimentare la sensazione avvilente di essere sola ed indifesa in un mondo che bada ai fatti propri,  e nel quale nessuno ha interesse ad amarla e proteggerla. La realtà di dentro è l’intimità di un luogo sicuro come il focolare domestico: è la casa dei nonni paterni, un ambiente che la ragazza, però, considera oppressivo e soffocante, perché ostacola la sua voglia di uscire, di intraprendere una relazione sentimentale, di seguire le mode del tempo, mantenendosi al passo con i suoi coetanei. La realtà di fuori, per contro, è un caos in cui Susan, non appena riconquistata la libertà, si butta nuovamente a capofitto, rientrando nei giri che in passato le erano stati fatali.  Susan ristabilisce i contatti con Marcel, il trafficante per cui lavorava, e con Hans, il disc-jockey che era stato il suo compagno. Louise,  tornando da lei, si trova a condividere il suo gusto di cacciarsi nei guai, facendo da corriere della droga, iniziando ad assumere cocaina, diventando l’amante di un uomo molto più grande di lei, fino a scoprirsi parte attiva di una sorta di piccolo complotto criminale, alimentato da ripicche e gelosie. Il brivido della trasgressione si spegnerà nel disgusto e nell’umiliazione, mentre la mancanza di prospettive si concretizzerà nell’immagine di una cucina in cui sono rimaste solo alcune confezioni di cibo in scatola. In Rebounce la ribellione, il fallimento e la conseguente presa di coscienza parlano il linguaggio moderno della famiglia allargata, degli sms, del disagio interiore che si fonde con un fragorosa sregolatezza che cerca, invano, di sovrastare il gemito dell’infelicità. I messaggini si incrociano, a distanza, intessendo una trama di precipitose incomprensioni attraverso il vuoto spinto dell’incomunicabilità;  l’isolamento predispone alla tentazione della curiosità, e Louise è la vittima dell’avventura, emozionante e crudele, verso cui la trascina la sua giovanile inquietudine, mista alla paura di non essere all’altezza. Un film ben raccontato, che si fa apprezzare per la sensibilità, ma non si fa notare più di tanto per l’originalità di forma e contenuto; e soprattutto, rimane confinato in una visione che estremizza il classico principio di cherchez la femme, presentando il gentil sesso come l’unico protagonista, nel bene e nel  male, di tutte le crisi che affliggono la società dei giorni nostri.    

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