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Il grande sogno

Regia di Michele Placido vedi scheda film

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La recensione su Il grande sogno

di mc 5
8 stelle

Diceva un famoso regista che "le parole sono importanti". Ma lo sono anche le frasi e il modo in cui vengono formulate. Esempio. Di questo film di Michele Placido se io affermo che " per alcuni aspetti non mi ha convinto ma in sostanza mi è piaciuto" ciò implica un giudizio praticamente positivo che lascia spazio a qualche riserva. Se invece dico che " il film mi è anche piaciuto ma non mi ha convinto" le sfumature cambiano perchè il pensiero pare esprimere un giudizio con leggera prevalenza di insoddisfazione. Sì, forse mi sto arrampicando sugli specchi, perchè il film mi è sicuramente piaciuto in relazione alle mie emozioni ed alla sincerità che riconosco pienamente al regista (è noto che si tratta di opera in gran parte autobiografica) ma devo anche riconoscere che c'è qualcosa che non funziona come dovrebbe. Il problema sta forse nell'eccessiva ambizione del film. Quando un cineasta decide di evocare un momento importante della propria giovinezza che ha coinciso con un periodo di mutamenti epocali nella società, nella cultura, nella politica e nell'arte, beh, è chiaro che quel cineasta non ha in mente un film qualunque, ma che intende mettere in scena un affresco, un'epopea, qualcosa insomma di molto impegnativo. Già è difficile raccontare i fatti e le emozioni di quando si aveva quarant'anni di meno, figuriamoci se a questo si aggiunge l'intento di restituire il sapore, il colore, le immagini e le idee di un periodo in cui qualcuno cercò (addirittura!) di fare la Rivoluzione. Non che sia una novità, altri registi si sono cimentati nel ricostruire epopee che coinvolgevano intere generazioni, mettendone in scena i rinnovamenti sociali e culturali che ad esse si accompagnavano. Faccio solo il nome di due titoli noti: "Novecento" e -più appropriatamente- "La meglio gioventù". Ma appare subito evidente che Placido non è Giordana nè tantomeno Bertolucci. Egli riesce perfettamente a raccontare la sua vicenda umana e quella delle persone che ha incontrato lungo il proprio cammino. Ma fallisce parzialmente in quella che già si prefigurava come una "missione impossibile": raccontare il '68. Del '68 manca il respiro e la capacità di restituirne l'essenza. Okay, Placido fu poliziotto e qui racconta ciò che i suoi occhi videro, ma quegli occhi videro poco rispetto alla portata di ciò che stava accadendo. E allora, se non si può pretendere da Placido di raccontare ciò che non lo investì personalmente, si ha però il diritto di giudicare questo film, pur pregevole, come incompiuto ed incompleto. Il respiro è troppo corto, una storia d'amore in un contesto di studenti contrapposti a poliziotti, non è sufficiente a raccontare un'epoca. Necessitava probabilmente da parte dell'autore di uno sguardo più ampio. Solo un accenno alle polemiche cui abbiamo assistito in occasione della conferenza stampa di Venezia e a quelle -quasi contemporanee- sollevate da un triste intervento di un altrettanto triste ministro di questo Governo. Nel primo caso, l'accusa è di quelle che hanno stufato essendo materia ormai trita ("se uno è di sinistra perchè fa i film con Medusa"). Nel secondo caso invece, nonostante la tentazione di argomentare sia forte, meglio soprassedere perchè di questo politico non ho nessunissima stima. Dunque, su tutti i fronti, a Placido va la mia piena solidarietà. A questo punto è opportuno che io porti chi mi sta leggendo a conoscenza di un dettaglio materiale. Sto riprendendo giusto ora ad estendere questo commento dopo averne interrotto la scrittura per una intera giornata. Ho riflettuto su quanto avevo scritto e sono giunto alla conclusione che forse le mie note critiche erano state troppo dure, e comunque dato che il '68 è tema piuttosto "caldo", ho deciso di rivedere il film una seconda volta. E penso proprio di aver fatto la cosa giusta. Fermo restando che ribadisco di ritenere Placido colpevole di non aver saputo osservare il '68 con sguardo sufficientemente ampio, ho però apprezzato molto di più, ad una seconda frequentazione dell'opera, la vicenda narrata, cogliendone aspetti emotivi e romantici che in prima battuta avevo trascurato. Sintetizzando, si può affermare che da un punto di vista sociale-storico-politico il film è parziale, superficiale, banalizzando a tratti situazioni e personaggi racchiudendoli in rigidi clichè. Ma è anche vero che se la pellicola è valutata come storia sulla scoperta dell'amore e della consapevolezza, beh, in quest'ottica il film è appassionante e toccante a livelli assai elevati. E in ogni caso, ciò che nel film senti vibrare, fremere, pulsare, è l'urgenza sincera di Placido di raccontare il periodo della vita in cui si formò il suo carattere e in cui prese coscienza di come stava girando il mondo. Lui infatti, fino a poco prima, non era che un ragazzotto giunto a Roma proveniente dalla Puglia, un pò selvatico e parecchio ignorante, molto istintivo e senza grandi orizzonti davanti a sè. Di fatto il suo incontro con una realtà in forte cambiamento e con un impetuoso vento di libertà, fu in realtà uno "scontro", anche traumatico, da cui nacque un altro uomo, finalmente consapevole di una realtà sociale e culturale portatrice di valori che fino a quel momento lo avevano solo sfiorato. I drammi umani che lo investono, direttamente o indirettamente attraverso persone a lui care, ne trasformano lo sguardo e la personalità. E questi drammi sono raccontati nel film con grande sensibilità e con palpitante umanità. Ci sono famiglie che vengono letteralmente travolte dai venti nuovi che stanno soffiando, provocando dolore e disperazione in coloro che non erano pronti a recepirne la portata devastante, ma anche in coloro che da quei venti si lasciarono trasportare con sventata ingenuità accompagnata a cieca fiducia in ideali confusi ed ambigui. Ecco, questo emerge dalla visione di Placido su quel periodo: non rimpianto, non nostalgia, ma piuttosto un carico di dolore ed amarezza per una stagione che avrebbe voluto cambiare la società e il mondo. E la naturale consapevolezza che da quelle lotte scaturirono conquiste culturali immense, nonchè acquisizioni di nuovi spazi per diritti e libertà. Ma inevitabilmente, dopo aver volto lo sguardo al passato, capita che uno gira di nuovo la testa al presente...e c'è da restarne sconcertati. Voglio dire che è forte la sensazione che, nonostante a suo tempo ne sia valsa la pena per le conquiste fatte, oggi stiamo percorrendo un cammino nella direzione opposta, nel senso che si stanno perdendo diritti e spazi di libertà, la gente -intorno a noi, in generale- è infelice e insoddisfatta. Pensiamo solo ai potentissimi venti di destra che soffiano in Europa. O alle rivendicazioni localistiche guidate da un fortissimo spirito reazionario che si moltiplicano ad ogni latitudine. Insomma, quel che il '68 si è preso si ha la percezione che lo stiamo via via perdendo, e con gli interessi. E su questa mia sensazione mi piacerebbe molto potermi confrontare con Placido stesso. Il regista, poi, come era quasi scontato, ha disseminato il film di canzoni ed estratti di film che ci riconducono a quegli anni. Ed è sempre un bel vedere, quando sullo schermo scorrono le immagini di Mastroianni, o di Catherine Deneuve in "Les parapluis de Cherbourg", ma soprattutto di quel capolavoro che fu "I pugni in tasca" di Bellocchio, film che contribuì a scuotere molte coscienze. Poi vengono le musiche, tremendamente evocative, anche quelle giustamente ripescate dal repertorio più popolare, come "Stasera mi butto" o "Sono bugiarda", ma utilizzando anche un brano emblematico di una serie di canzoni di protesta come la mitica "Eve of distruction" eseguita da Barry McGuire (confesso che riascoltarla ora mi fa un effetto quasi straziante tanto potente ne è la forza evocativa). E veniamo al cast, davvero ben "organizzato". Una Laura Morante magnifica ed affascinante come al solito. Un Massimo Popolizio da standing ovation, un attore che del resto, da tempi non sospetti, io reputo immenso (la sua partecipazione a "Il divo" di Sorrentino è a mio avviso memorabile). Su Luca Argentero i pareri sono discordi; comunque la si pensi, se consideriamo quella palestra televisiva di cretini da cui proviene, dobbiamo riconoscere il suo costante sforzo di crescere e di migliorarsi, sforzo che ha già avuto evidenti ottimi riscontri in precedenti pellicole. Scamarcio, che non ho mai apprezzato più di tanto (men che meno nel ruolo ridicolo impersonato nell'ultima fatica firmata da Costa-Gavras), qui invece sembra perfetto nell'incarnare la personalità di Placido, con quella sua vaga sanguigna rozzezza che nasconde un animo romantico, proprio come io ho sempre "inquadrato" il Placido-uomo. Ho tenuto per ultima Jasmine Trinca perchè ogni volta che parlo di lei mi assale uno strano imbarazzo. La ricordo quando iniziò e in particolare ricordo questa ragazzina timida presentata da Nanni Moretti nel corso di una conferenza stampa. In quell'occasione Jasmine disse che non sapeva se dopo quella prima esperienza "morettiana" avrebbe continuato col cinema, in quanto non si sentiva affatto un'attrice professionista. Ebbene, da allora Jasmine è cresciuta moltissimo, passando da ruoli estremamente drammatici ("La meglio gioventù") ai disinvolti nudi di "Manuale d'amore". In questo film, in cui lei peraltro è straordinariamente brava, c'è una breve scena di un suo nudo frontale integrale che ha avuto il potere di turbarmi. Chiedo scusa per questo "outing", ma la visione del corpo nudo di Jasmine mi trasmette la sensazione di una femminilità perturbante che non riesco a dominare. Concludendo. E' un film senza quella nostalgia che uno si potrebbe aspettare, ma carico di dolore e d'amore, entrambi espressi con forte intensità. Non un quadro del'68 e delle sue istanze, non un film sulla rivoluzione culturale e civile, ma la storia di come degli esseri umani decisero (o subirono) dei cambiamenti radicali nelle loro esistenze, mutamenti che comportarono esperienze dolorose ma anche appassionate ed inebrianti. E permettetemi una considerazione finale del tutto personale. Secondo me ciò che rovinò l'esperienza del '68 fu la sua scriteriata natura politica. Io spero che la lezione sia servita. Perchè, in questa Europa sempre più reazionaria e razzista, ora che ci sarebbe un disperato bisogno di qualcosa che somigli a quel '68, io auspico fortemente che questa volta sarà capace di sopprimere in partenza ogni sua matrice politica (specie se marxista), proprio perchè le ideologie (specie se vetuste ed ovunque fallimentari) hanno sempre contaminato anche le più belle idee portandole alla consunzione. Le Ideologie vanno sostituite con Valori morali e civili.
Voto: 9

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