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Italians

Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film

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Paul Hackett

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La recensione su Italians

di Paul Hackett
4 stelle

Due episodi per raccontare (si fa per dire) gli italiani all'estero, che una volta erano santi, poeti e navigatori e oggi, a quanto pare, delinquenti e puttanieri (ma pur sempre italiani e quindi SIMPATICISSIMI, intendiamoci). Nel primo la strana coppia composta da Fortunato e Marcello (Castellitto e Scamarcio: sorprendentemente l'abbinata funziona) deve consegnare a Dubai un carico di Ferrari di illecita provenienza: durante il rocambolesco viaggio svilupperanno una sorta di rapporto padre-figlio, fino ad un imprevedibile finale. Nel secondo Giulio Cesare Carminati (Verdone, una garanzia di comicità e malinconia), integerrimo professore di odontoiatria sofferente di depressione, viene convinto da un suo socio a lasciarsi andare sessualmente durante un viaggio di lavoro a San Pietroburgo: sebbene molto riluttante, Carminati si fa coinvolgere dal magnaccia siciliano Calzone (Bandiera, insopportabile) in un pericoloso giro di prostitute e mafiosi russi. A salvare lo sfortunato dentista sarà la sua interprete (Kseniya Rappoport, dignitosa) che, in una dacia sperduta nei boschi e abitata da orfani, insegnerà all'italiano i veri valori della vita. Dopo averci franto per anni i cosiddetti con l'ormai logoro format dei "Manuali d'amore", Giovanni Veronesi prende la strada della commedia di costume nel solco del cinema classico di Alberto Sordi, mescolando la satira con la bonaria condiscendenza con la quale, chissà perché, noi italiani siamo sempre bravi ad autoassolverci e ottenendo così l'ambiguo risultato di non approvare ma nemmeno condannare i vizi dell'italiano (più o meno) medio descritti nella pellicola. Fondamentalmente "Italians" è un patinato guazzabuglio che affastella luoghi comuni su luoghi comuni, alternando piani narrativi completamente diversi in maniera del tutto incongrua e spesso incomprensibile: succede così che una satira dell'italiano furbo e mascalzone si trasformi in un affettuoso road-movie e in uno scanzonato viaggio di formazione, mentre accade che una presa in giro del cronico arrapamento che contraddistingue gli italiani all'estero cambi pelle in un violento thriller e poi in uno zuccheroso trionfo dei buoni sentimenti. A pagarne le conseguenze è proprio l'episodio di Verdone, che depaupera la verve comica dell'attore romano, perdendosi in troppe e non sempre coerenti svolte narrative. Stringi stringi, qualcosa di decente da "Italians" ci esce (qualche bella immagine del primo episodio, la buona prova del duo Castellitto/Scamarcio, qualche spassosa gag verdoniana), ma non è abbastanza per guadagnare al film di Veronesi una sia pur risicata sufficienza. Le solite due stelle, quindi, con una promessa solenne: tratterò bene il primo film del regista pratese (e del produttore Aurelio De Laurentiis) nel quale non compaiano i soliti primi piani di telefoni cellulari con (per puro caso, ovviamente), in bella evidenza, il logo della compagnia telefonica di turno (che poi è sempre la stessa). Mi sa proprio che dovrò stroncare a vita...

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