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Le plaisir de chanter

Regia di Ilan Duran Cohen vedi scheda film

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La recensione su Le plaisir de chanter

di hupp2000
8 stelle

Ilan Duran Cohen, dopo il riuscitissimo « La confusion des genres » (2000), nel quale il genere in questione era quello sessuale, reitera in un certo senso, (con)fondendo questa volta e spiritosamente vari generi cinematografici. « Le plaisir de chanter » mescola quasi alla rinfusa spy-story, commedia, film musicale, thriller, erotismo. Ludicamente confusa è anche la trama. Murielle e Philippe sono due agenti dei servizi segreti. Hanno una relazione che non funziona. Lei vuole un figlio, lui non riesce ad avere rapporti sessuali con lei, ma è ovvio fin dall’inizio che, pur bizzarramente, si amano. La singolare coppia viene incaricata di recuperare una chiavetta usb, che si suppone nascosta da Constance, vedova di un trafficante di uranio assassinato pochi giorni prima. Pedinata dai due agenti, la giovane signora borghese, di una ingenuità disarmante mista a libertina gioia di vivere, si iscrive ad un corso di canto, in memoria del defunto melomane marito. I nostri le vanno appresso, ma non sono i soli. La chiavetta usb è ambita da un folto gruppo di originali e più o meno misteriosi personaggi, che si iscrivono tutti al corso per seguire le mosse di Constance e controllarsi a vicenda. Ne derivano situazioni grottesche e piccoli colpi di scena a ripetizione; quasi tutti i partecipanti finiscono per avere relazioni etero o omosessuali con un altro membro del gruppo, rischiando talvolta di dimenticare i veri motivi che li hanno sospinti in questo variopinto consesso. Qualcuno comincia a prendere sul serio l’eventualità di intraprendere una carriera lirica. Naturalmente, quando la svampita Constance annuncia di voler abbandonare il corso per dedicarsi alla musica leggera, scoppia un putiferio che accelera di colpo l’andamento del film, avviandolo verso un finale esilarante. Gli attori chiamati ad interpretare questa vicenda corale non sono tra i più noti del cinema francese, ma si rivelano più che adeguati alle rispettive parti. La regia si concede tutto il tempo necessario per farceli conoscere a fondo, sia psicologicamente che fisicamente. Le scene di nudo sono numerose, quasi ostentate, ma necessarie all’economia del racconto. I corpi mostrati sono molto belli. Al contrario, gli amplessi sono solo suggeriti, osservati da lontano, con elegante pudore. Vera classe di un autore capace di realizzare un’opera cruda nel linguaggio e nelle situazioni  mostrate, senza lasciarsi mai tentare da un facile voyeurismo, come aveva già dimostrato otto anni prima con il citato « La confusion des genres ». Purtroppo, in vent’anni, Ilan Duran Cohen ha realizzato solo quattro lungometraggi. Nel 2006, firma per la televisione la splendida fiction  « Les amants du Flore », sulla relazione tra Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir.

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