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Il Buono, il matto, il cattivo

Regia di Kim Ji-woon vedi scheda film

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La recensione su Il Buono, il matto, il cattivo

di FilmTv Rivista
6 stelle

L’ombra di Sergio Leone si stende benigna su Il buono il matto il cattivo, omaggio e rilettura ironica di Il buono, il brutto, il cattivo. Con una differenza sostanziale: Kim Jee-woon, al contrario dei citazionisti a oltranza, usa il capolavoro leoniano per creare qualcosa di originale e, a suo modo, unico. Proprio come faceva il regista romano che da Viale Glorioso sognava il West. Kim, nel mettere mano a un film celebrato e saccheggiato, ambienta la sua caccia al tesoro in Manciuria. Il cacciatore di taglie Park Do-won (Jung Woo-sung, protagonista tra le altre cose di Musa di Kim Sung-su), il feroce bandito Park Chang-yi (Lee Byung-hun, che con Kim aveva già interpretato A Bittersweet Life) e lo stralunato avventuriero fuorilegge Yoon Tae-goo (Song Kang-ho, attore feticcio di Park Chan-wook e Bong Joon-ho) si disputano una mappa sullo sfondo della Manciuria occupata dall’esercito nipponico nell’ambito della Seconda Guerra Sinogiapponese combattuta prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Considerato il più grande conflitto asiatico del 20esimo secolo, la guerra, provocata nel 1931 dall’incidente di Mukden, diventa nelle mani di Kim il prisma nel quale riflettere le diverse identità nazionali asiatiche in lotta per la supremazia territoriale. La Manciuria diventa così la terra di nessuno dell’identità asiatica, proprio come l’Almeria negli occhi di Leone diventava una specie di sogno al cubo del mito americano. Nell’arco di abbondanti due ore Kim si scatena mettendo in scena quello che può essere considerato uno dei film d’azione più genuinamente visionari degli ultimi anni. Senza concedere un solo attimo di tregua, il film inanella sparatorie, inseguimenti, combattimenti all’arma bianca, trovate surreali e sprazzi di autentica crudeltà (il duello con il coltello che oppone Park Chang-yi a Man-gil, interpretato da Ruy Seung-soo). Sontuoso, barocco e postmoderno, Il buono il matto il cattivo è puro piacere dei sensi e degli occhi. Eccessivo e virtuosistico, il film di Kim è anche una parabola sulla follia dell’avidità umana esemplificata dalla straordinaria cavalcata di massa che anticipa il finale e che avrebbe fatto godere un regista come Riccardo Freda.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2011

Autore: Giona A. Nazzaro

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