Regia di Cate Shortland vedi scheda film
Un “salto mortale” nel vuoto, nel freddo livido di uno scenario invernale (con la neve ai margini).
O un salto, un capriola per uscire da quel vuoto, da quella solitudine (interiore) per tornare a casa, con un timido sorriso e la consapevolezza del perdono.
Cinema indipendente aussie, scarno ed essenziale, film sentimentale atipico, senza i soliti dialoghi scontati, intrisi di facile romanticismo (e senza strappi irrimediabili o happy end consolatorio), ambientato in una Australia inedita, senza sola, gelida.
Somersault, cupo come una nube bassa e grigia che incombe sul paesaggio, quasi soffocante, è un film sulla solitudine, l’incapacità di comunicare chiaramente le proprie emozioni, che vive grazie alle sentite e intensissime prove dei due attori protagonisti (entrambi premiati con l’AFI Award), la nivea Abbie Cornish, l’adolescente confusa Heidi, paragonata ad un profumo che persiste sulla pelle, e Sam Worthington, lo scontroso Joe, poco incline al dialogo e alle carezze.
Presenza luminosa, un vero colpo di fulmine (scoccato in realtà con Candy, film in cui lei brilla di luce propria). Bellezza sottile, algida, ma espressiva, spontanea. Un’altra gradita sorpresa regalata al cinema dall’Australia.
Quando Avatar, Cameron, il 3D e Pandora erano a (4)4anni luce di distanza, Worthington si cimentava con un personaggio che non aveva nulla a che vedere con il digitale. Ruolo complesso, di quelli difficili, costruiti più sui silenzi e i piccoli gesti, sulle sfumature, rese con reale intensità, lavorando di sottrazione.
Davanti ad un attore dallo stile interpretativo minimale non riesco a resistere, mi conquista...
E poi ha quella particolare capacità di riuscire a ritagliarsi dei momenti di pausa riflessivo-catatonica. Sembra assente per una manciata di secondi, sguardo fisso e quasi vuoto, sospeso, come in Gettin' Square. Anche in Somersault c'è uno di questi momenti, forse più d'uno.
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