Regia di Aurelio Grimaldi vedi scheda film
Rapimento, detenzione e uccisione di Aldo Moro, segretario del principale partito italiano (Dc), da parte delle Brigate rosse - terroristi di estrema sinistra - nel 1978, a Roma.
Ce n'era bisogno? Sì. Anche se in forma di fiction televisiva, anche se con interpreti non sempre all'altezza della situazione, anche se un po' approssimativo nei dialoghi e nei contenuti stessi, un altro film su Aldo Moro serve sempre. Ha fatto quindi bene Aurelio Grimaldi a girare questo - pur mediocre nella forma e non impeccabile nei contenuti - Moro: un'altra storia, ennesima rilettura della vicenda che ha portato alla brutale eliminazione di uno dei principali esponenti politici di un Paese fra i più avanzati del mondo da parte di un manipolo isolato di sanguinari pazzi utopisti. L'indiano Roshan Seth è un Moro davvero simile all'originale e ben in parte, anche se i paragoni con il Gian Maria Volontè de Il caso Moro (Giuseppe Ferrara, 1986) risultano per forza in perdita (una partita, vale la pena dirlo, che difficilmente potrebbe essere vinta); Grimaldi scrive e dirige con intenti 'civili', ma non è questo il pezzo forte del suo cinema, che pure solitamente affonda nel sociale, e si vede: qualche calo di tensione di troppo, qualche battuta retorica fine a sè stessa, una narrazione epica che finisce con lo sminuire la tragedia umana effettivamente rappresentata. Fra gli altri attori anche Craig Fairbrass, Steffan Boje, Maria Papas, Lalla Esposito, Gaetano Amato e Sebastiano Lo Monaco. Le accuse contro la dirigenza Dc - Cossiga, Zaccagnini, Andreotti in primis - arrivano comunque dirette e chiare, l'umanità di Moro idem. 4,5/10.
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