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You Kill Me

Regia di John Dahl vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su You Kill Me

di Marcello del Campo
8 stelle

 

   

 

 

Mentre è in produzione per il 2012 Rounders 2, Dahl torna sugli schermi nel 2007 con You Kill Me, un crime-movie intriso di un corrosivo humour esistenziale. Il film, scritto da Christopher Markus e Stephen McFeely (sceneggiatori delle Cronache di Narnia), è interpretato da un sornione Ben Kingsley, vestito a lutto e luciferino come in Shutter Island ma tenero di cuore, nella parte di un killer alla deriva.

 

Frank Falenkzyk da un pezzo sta dando i numeri, l’alcol gli ha sciroppato il cervello, lo zio Ramon Krzeminsky (Philip Baker-Hall) e il cugino Stef(Marcus Thonas) non sanno che farsene di un killer in disarmo, soprattutto quando, dopo avergli affidato l’incarico di fare fuori con un colpo al cervello il capo gang irlandese, l’odioso Edward O’Leary (Dennis Farina), Frank si è addormentato in macchina. La piccola ditta criminal polish non se la passa bene a Buffalo, assediata dagli irlandesi e dai cinesi, ha solo Frank a disposizione per tenere loro fronte. Bisogna prendere una decisione per rimettere Frank in carreggiata, ucciderlo non possono, questi polacchi sono dei bonaccioni, tirati nel crimine per necessità, mica good fellas, e poi Frank è sempre uno di famiglia. Non resta che costringerlo a partire per San Francisco alla volta dell’Anonima Alcolisti della città. Prelevato all’arrivo da un uomo di Ramon e sistematosi in un appartamento di un morto il cui decesso non è stato notificato, Frank continua a bere, contemplando l’ipotesi di suicidarsi. All’Anonima è come uno straniero, non apre bocca, ma quando sta per andarsene, viene bloccato da Tom (Luke Wilson), un ragazzo che si offre di aiutarlo nella difficile impresa di redenzione. Una redenzione desidera Frank, non in senso cristiano, una redenzione che lo risollevi al rango di killer provetto che è l’unico lavoro che sa (sapeva) svolgere con sobria eleganza. Intanto, per tirare a campare, gli viene imposto dai Krzeminsky di lavorare in un’azienda mortuaria tipo “Sentieri luminosi’ del Caro estinto, dove, diligentemente si adopera a ‘abbellire i morti’. Non tutto il morto viene per nuocere, perché lì Frank incontra l’affascinante Laura Pearson (Tea Leoni), in visita all’odiato padre morto. Frank se ne innamora all’istante e per dimostrare alla donna che sa fare bene il suo lavoro, mozza le dita del piede al morto per fargli calzare le scarpe strette portate dalla figlia. Frank è un uomo anziano, ha una ventina di anni più di Laura, ma il fascino dell’uomo dalla vasta esperienza e dall’omicidio facile, fanno breccia nel freddo cuore della donna in carriera che ora, amorevolmente, si cura di accompagnare Frank all’Anonima e lo aiuta a riprendere l’allenamento, anzi impara anche lei l’uso dell’arma da sparo e da taglio. Intanto, a Buffalo la situazione precipita, O’Leary, approfittando dell’assenza del braccio armato dei Krzeminsky, decide che è arrivata l’ora di farla finita con i polacchi. Frank è pronto a tornare: qualcuno ha la morte alle calcagna. Frank non è più solo, Diana cacciatrice lo accompagna all’appuntamento con la morte.         

 

Il cinquantaquattrenne regista del Montana, dopo un esordio discreto in direzione crime-movie-road, Morire due volte (Kill Me Again) nel 1989, ha diretto una manciata di film non eccelsi ma sempre con l’intenzione di rivisitare i ‘generi’ con scrupolo filologico fino al calco. Che sia bravo a scegliere le location e gli interpreti lo dimostrano Red Rock West nel 1993 e L’ultima seduzione (The Last Seduction) del 1994. Alternando episodi di serial televisivi (Californication, Dexter, Battlestar Galactica ecc), Dahl fa cinema (calco o meno, ma cinema). Nel 1996 è la volta di Unforgettable (Specchio della memoria) cui segue nel 1998 The Rounders (Il giocatore), che si rifà, ma non ricalca il ‘genere-poker’ da Bob Le Flambeur alla Stangata, da Cincinnati Kid a California Poker, ecc. Nel 2001 è la volta di Joy Ride, orrendamente tradotto in italiano Radio Killer, “Un suspenser nudo e crudo, che […] recupera un cinema di divertimento essenziale lontano da beceraggini e da offese alla ragione e al buon senso.”, scrive Pier Maria Bocchi, l’unico critico che ha capito che Dahl è un regista che lavora sottilmente sui ‘generi’, senza lasciarsi prendere la mano da omaggi al passato o da impossibili rivisitazioni; Dahl è un onesto artigiano di cinema post-modern senza fronzoli autoriali. In The Great Raid – Un pugno di eroi del 2005, John Dahl firma il suo film peggiore, nel tentativo di ‘rifare’ il war movie anni Cinquanta.

 

You Kill Me è a mio parere il suo miglior film, divertente, ironico, amaro a tratti, sorretto da interpreti in stato di grazia e da una colonna sonora bizzarramente ‘balcanica’ (i Devotchka di Little Miss Sunshine). 

     

 

 

 

 

 

 

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