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American Gangster

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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Raffaele92

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su American Gangster

di Raffaele92
8 stelle

Per una volta, definire un film “impersonale” non significa bollarlo come mediocre.

Con questo film Ridley Scott dimostra di aver toccato quasi tutti i generi: dalla fantascienza (della quale fanno parte i suoi più grandi capolavori) all’avventura (ricordiamo “I duellanti” nel ’77 e  “Robin Hood” che sarebbe arrivato nel 2010), dal road movie (“Thelma & Louise”, 1991) al fantasy (il bellissimo e sottovalutato “Legend”, 1985), passando per lo storico (“Il gladiatore” e “Le crociate”; a breve arriverà “Exodus”) e la commedia (non esattamente il suo genere forte, come dimostrato da “Un’ottima annata”), non mancando di toccare neppure l’horror-thriller (“Hannibal”, neppure questa tra le sue migliori opere).

Ora è giunto il momento del gangster movie.

 Ho parlato prima di film impersonale: “American Gangster” porta la firma di Ridley Scott, ma deriva in gran parte da Scorsese e Coppola (con un tantino di “Serpico” di Sydney Lumet in aggiunta), registi che qui vengono omaggiati, citati e rielaborati con uno stile, un mestiere e un talento mirabili.

È un atto d’amore verso un genere e verso un pugno di film in particolare (“Quei bravi ragazzi” e “Il padrino”, qualora ci fosse bisogno di ribadirlo, oltre a quello di Lumet prima citato), dei quali vengono ricalcati con intelligenza schemi e luoghi comuni.

Non ci saremmo poi mai aspettati che l’immensità della performance di Denzel Washington fosse tale da farlo entrare di diritto tra i migliori gangster della Storia del Cinema: non rimpiangiamo neanche per un attimo De Niro, Liotta o Pacino.

Per il resto c’è poco da aggiungere: puro cinema, fotografia impeccabile e montaggio sublime.

Coinvolgente nonostante la durata, e questo vale anche per la versione director’s cut.

Ho idolatrato il protagonista poc’anzi, ma per quanto riguarda il film nel suo complesso guai ad affiancarlo ai grandi capolavori del gangster, partoriti da registi che di tale genere hanno fatto la propria poetica e cifra stilistica (non sto a menzionarli di nuovo, sono gli stessi di prima. E di sempre).

Perché “American Gangster” è bello sì, ma tutto derivativo. Forse il più bel plagio della Storia del Cinema.

Lungimirante e azzeccato il piano-sequenza finale con il protagonista che, uscito di prigione dopo una lunghissima permanenza, sente la musica rap per strada, simbolo dei tempi cambiati.

Consigliato a chiunque. Ma solo dopo aver visto i classici ispiratori.

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