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Piccoli omicidi

Regia di Alan Arkin vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su Piccoli omicidi

di John_Nada1975
8 stelle

"Oggi gli atei non sono più alla macchia. Si sono dati tutti al sacerdozio."

 

"Ho conosciuto persone che volevano sposarsi per i più disparati motivi. Ho celebrato il matrimonio di un uomo che si è sposato perché voleva smettere di masturbarsi. Non ha funzionato e si sono lasciati. Lui adesso si masturba di nuovo, ma è felice e lo sapete perché, per il fatto che almeno ci ha provato."

 

Donald Sutherland/Pastore Henry Dupas

 

Uno dei film nel suo modo particolarissimo e unico, tra i più rappresentativi e migliori, degli anni '70.

Da come divide nelle recensioni ancora oggi, attualissimo e sempre per massimalismi purtroppo scontatissimo dirlo, ma profetico più che mai, e non è un film-passatemi la provocazione-, per sempliciotti o intellettuali schiacciati dalla loro cultura ma che come ha dimostrato covid 1984 superbamente, non capiscono un cazzo lo stesso. 

Difatti è questo un film intellettuale nel vero senso del termine perché non lo vuole essere, grazie ai dialoghi folgoranti di Jules Feiffer e ai suoi tipici personaggi strepitosi, che dice moltissimo se non pure troppo, sulla vita, la società e un mondo irrimediabilmente di merda come le cacche che fotografa per Harper's Bazaar il fotografo protagonista Elliott Gould(questo fu anche il suo primo film da produttore), favoloso come praticamente tutti gli interpreti anche quelli minori. 

Come dimenticare ad esempio il giudice Lou Jacobi e il suo grandioso discorso retorico su Dio sopra ogni altra cosa e l'immigrazione e le umili origini, tipico di chi nella vita ce l'ha fatta a farsi una posizione di prestigio, a far capire che questo è un film che riesce a descrivere e riportare la realtà sotto l'apparenza del grottesco e della metafora, come soltanto un genio vero, caustico e irriverente verso tutto e tutti come Feiffer, un grande letterato americano e non soltanto un vignettista, fumettista umorista, poteva riuscire a fare, qualcuno cita Vonnegut, e a ragione.

Grande regia di Alan Arkin niente affatto teatrale, ma con tante invenzioni visive, come quella della camicia insanguinata in metropolitana di Gould dopo che gli è stata uccisa tra le braccia la moglie Marcia Rodd con una fucilata dal palazzo di fronte, che senza una parola fotografano tutta l'alienazione e la pavidità mostruosa del cittadino borghese, oltre che la violenza delle grandi metropoli americane. 

Il monologo sul matrimonio e su molte altre cose del pastore "progressista"e sincero fino a scatenare inevitabili risse Donald Sutherland(perfetto, favoloso anche lui in breve apparizione), per quanto mi riguarda è uno dei migliori che abbia mai visto e sentito, in migliaia e migliaia di film.

Breve e altrettanto strepitosa partecipazione-monologo dello stesso Arkin nella parte del super esaurito tenente della omicidi di N.Y.P.D. dal cognome tipicamente "feifferiano", Ispettore Practice.

Esaurito per l'ondata di 340 omicidi senza alcun movente nè collegamento fra di loro, che poi l travolgerà nel finale egli stesso. 

Arkin che bisogna puntualizzare è stato uno dei migliori, se non il migliore fra gli attori newyorkesi della sua generazione, di poco più vecchio dei vari Al Pacino e Robert De Niro, ma non meno versatile o associabile soltanto alla commedia. Meno noto alle masse- anche per fortuna-, ma molto più famoso in America che da noi, è anch'esso come Gould e Sutherland un nome estremamente significativo e rappresentativo del cinema americano dei '70. 

Basti dire che questa sua prima regia(di due nel totale) seguente al non molto fortunato adattamento dell'opera a Broadway, fu successiva di pochi mesi al suo al suo ruolo dell'aviatore Yossarian, in "Comma 22"(Catch 22)(1970), di Mike Nichols.

Strepitosi gli strali contro la inutilità e fasullaggine intrinseca della psicologia, quando Alfred/Gould torna a trovare i genitori psicologi a Chicago, che non vedeva da anni e nemmeno sapevano se fosse o meno sposato, con registratore per chiedere loro come fosse nella sua infanzia, avendo ricordi di sè "soltanto dai 19 anni in poi". 

E loro (i grandi caratteristi John Randolph e Doris Roberts) non sanno rispondere che citandosi a vicenda a macchinetta in gare mnemoniche nozionistiche, o consultando i libri della biblioteca di psicologia in salotto, le solite supercazzole a base di sesso e complessi di castrazione edipici, dei più noti ciarlatani ebrei della psicoanalisi. Un momento fondante di un nuovo cinema hollywoodiano satirico e fortemente dissacratorio, nel cinema moderno degli anni 2000 nemmeno pensabile dalla maggior parte dei cineasti solo "tecnici", di oggi.

Straordinario Vincent Gardenia nel suo primo vero ruolo importante come padre inizialmente con "una fede cieca nelle istituzioni", di Marcia Rodd, dopo tante particine soprattutto in film di gangster mafiosi.

Di eccellente livello come abitudine in quei tempi gloriosi, il non facile adattamento italiano degli sferzanti dialoghi, fulminanti battute, e corrosivi lunghi monologhi, ad opera di Sergio Jacquier

Con un doppiaggio della CD di voci mitiche a cui i doppiatori di oggi in toto, praticamente non potrebbero neanche portare i rispettivi cappelli, questi i nomi a cui rendere giustamente il merito enorme dovuto, e non sono tutti:

 

Pino Locchi: Alfred Chamberlain/Elliott Gould

Vittoria Febbi: Patsy Newquist/Marcia Rodd

Carlo Romano: Carrol Newquist/Vincent Gardenia

Dhia Cristiani: Marge Newquist/Elisabetta Wilson Massimo Turci: Kenny Newquist/John Korkes

Sergio Graziani: pastore Henry Dupas/Donald Sutherland

Nando Gazzolo: ispettore Practice/Alan Arkin

Bruno Persa: signor Chamberlain/John Randolph

Stefano Sibaldi: giudice Stern/Lou Jacobi

 

John Nada

 

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