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L'innocente

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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La recensione su L'innocente

di marco bi
7 stelle

perché lo rivedo sempre volentieri? Per la vasta cultura e le felici invenzioni registiche di Visconti elargite (vedi l’incontro di scherma con la dissolvenza tra Giuliana con il velo e Tullio con la maschera) nonostante fosse oramai inchiodato ad una carrozzella dopo la trombosi. Per il brivido che mi da vedere le sue mani che sfogliano il libro...

 

“Un’ opera eccezionale, stupenda, un autentico gioiello del cinema mondiale” scrisse la CINERIZ nel 1976 sul manifesto del film nel chiaro intento di pubblicizzarlo con frasi altisonanti. Una volta si faceva così, oggi - più seriamente - citando le fonti, si riporta qualche frase tra le migliori scritte dai critici. Purtroppo, dei film diretti dal grande Luchino Visconti - regista dannunziano per eccellenza - che amava raccontare la disgregazione di dissolute famiglie borghesi alle quali credo si sentisse culturalmente legato per il non volersi adeguare alla modernità, L’innocente, portato a termine dai suoi fidi collaboratori, è tra i meno riusciti. Forse perché è morto prima di finirlo? Sicuramente un po’ è per le incertezze strutturali della sceneggiatura più volte modificata. Un po’ per l’attrice Laura Antonelli - molto bella ma poco brava e dal timbro di voce inadatto - ma anche perché è troppo ‘liberamente’ (per l’inizio, per la fine, per il diverso peso dato ad alcuni personaggi) tratto da uno dei migliori romanzi di d’Annunzio (che forse ha un po’ plagiato la novella La confession di Maupassant).

 

 

Ma allora perché lo rivedo sempre volentieri? Per la vasta cultura e le felici invenzioni registiche di Visconti elargite (vedi l’incontro di scherma con la dissolvenza tra Giuliana con il velo e Tullio con la maschera) nonostante fosse oramai inchiodato ad una carrozzella dopo la trombosi. Per il brivido che mi da vedere le sue mani che sfogliano una vecchia edizione del libro omonimo. Perché il mondo dannunziano è ineccepibilmente rappresentato con la raffinata bellezza delle immagini fotografate da Pasqualino De Santis, i ricchi costumi, le opulenti grazie di Laura Antonelli mostrate generosamente tra i fastosi arredi delle stupende ville. Il tocco finale è dato dalla splendida musica classica (Mozart, Chopin, Liszt) - funzionale perché esprime i vari stati emotivi degli interpreti -

 

 

Roma 1981. Il ricco borghese Tullio (bravo Giancarlo Giannini) è sposato con la più modesta e fragile Giuliana (Laura Antonelli) ma preferisce la Contessa Teresa (Jennifer O’ Neill). Quando Teresa gli si nega torna tra le braccia della moglie che non è rimasta ad aspettarlo ma ha ceduto al letterato “scapigliato” Filippo (Marc Porel) e ora aspetta un figlio. Tullio, diviso tra la passione per la moglie e l’odio per il nascituro, perdonerebbe la moglie sinceramente pentita - se abortisse - ma lei non vuole e l’innocente del titolo nasce...

 

 

Di seguito, se volete, potete leggere l’inizio del libro, che è anche la fine della storia ma che non è uguale alla fine del film che io non dirò perché è improvvisa e inaspettata.

 

Beati immaculati...

Andare davanti al giudice, dirgli: “Ho commesso un delitto. Quella povera creatura non sarebbe morta se io non l'avessi uccisa. Io Tullio Hermil, io stesso l'ho uccisa. Ho premeditato l'assassinio, nella mia casa. L'ho compiuto con una perfetta lucidità di conscienza, esattamente, nella massima sicurezza. Poi ho seguitato a vivere col mio segreto nella mia casa, un anno intero, fino ad oggi. Oggi è l'anniversario. Eccomi nelle vostre mani. Ascoltatemi. Giudicatemi”. Posso andare davanti al giudice, posso parlargli così? Non posso né voglio. La giustizia degli uomini non mi tocca. Nessun tribunale della terra saprebbe giudicarmi. Eppure bisogna che io mi accusi, che io mi confessi. Bisogna che io riveli il mio segreto a qualcuno.

A CHI?

 

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