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I figli degli uomini

Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I figli degli uomini

di sasso67
8 stelle

La Londra del 2027 somiglia ad un ibrido tra la Londra attuale, la Napoli dell'emergenza rifiuti e la Saigon dei tempi della guerra del Vietnam. In più, la città è sconvolta da continui attentati terroristici di fazioni contrapposte tra loro ed ugualmente nemiche del governo, gli islamisti e i Pesci (che contestano al governo la politica di segregazione tenuta contro i migranti).

Non conoscendo il romanzo di P.D. James da cui è tratto il copione di I figli degli uomini, il film di Alfonso Cuarón mi ricorda l'atmosfera futuribile a suo tempo creata da Anthony Burgess nella fantascienza distopica - è questo il genere cinematografico di cui si parla - del suo romanzo del 1962 Il seme inquieto. Il contesto del libro di Burgess è di senso opposto, perché parla di un mondo sconvolto dalla sovrappopolazione e qui invece l'umanità è da anni incapace di riprodursi (il film prende le mosse dal giorno in cui le TV spargono la notizia della morte del più giovane dell'umano pianeta, un diciottenne argentino).

La trama prevede che il protagonista, un funzionario governativo in difficoltà finanziarie per il vizio del gioco, debba accompagnare una ragazza migrante (miracolosamente?) incinta fino ad un punto della costa dove dovrebbe attraccare la nave di un fantomatico "progetto umano", per condurre la giovane alle Isole Azzorre, sede del progetto. Il tragitto prevede una serie di trappole, ma anche di aiuti insperati, e infine la conversione a questa missione da parte del cinico protagonista, che collabora a questa sorta di progetto di speranza: rimasto solo con la ragazza, riesce a farla partorire in mezzo ai combattimenti, e quando i due passano con la bambina in braccio, per un attimo le armi tacciono (qualche soldato accenna un segno della croce), per poi riprendere qualche secondo più tardi. Ma la speranza è lanciata, anche se il compimento della missione costerà la vita al protagonista: la madre e la bambina sono su una barca presso la boa prestabilita e la nave del "progetto umano" si sta avvicinando.

Il racconto non è nuovissimo, ma è condotto con mano sicura e sapiente dal messicano Cuarón e il film è benissimo interpretato (grande, come sempre Michael Caine, ma anche Clive Owen se la cava bene) e fotografato stupendamente dal mago delle luci Emmanuel Lubezki. Ed anche chi, come il sottoscritto, aspetta che qualcuno - magari un nuovo Kubrick... - porti sullo schermo Il seme inquieto di Burgess, può apprezzare questa distopia di speranza.

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